Nelle settimane scorse il Comune di Milano ha annunciato una distribuzione a tappeto di un kit antidroga alle famiglie, in modo che i genitori possano scoprire se i propri figli fanno uso di sostanze stupefacenti. In Consiglio Comunale a Bologna, venti giorni fa, mi hanno chiesto se il Comune di Bologna intendesse seguire l'esempio di Milano.
L'11 maggio scorso ho risposto che il Comune di Bologna, insieme all'AUSL, ha "attivi spazi di supporto alle famiglie che manifestano la necessità di essere supportate nell'affrontare questa problematica sia dal punto di vista del genitore, sia a sostegno dell'adolescente. Lo spirito di lavoro passa attraverso la responsabilizzazione dei vari adulti di riferimento: genitori, insegnanti, altri educatori adulti, operatori socio-sanitari", e che "l'Amministrazione comunale non intende avviare la sperimentazione del kit antidroga per le famiglie nei termini previsti dall'annunciata iniziava del Comune di Milano" e che "con questo io non intendo affermare che escludo per il futuro qualsiasi possibilità di utilizzo del kit", ma che, qualora decidessimo di usarlo, "questo utilizzo avverrebbe nel quadro delle iniziative e dell'approccio metodologico che ho appena descritto". Scusate tutto il virgolettato, ma ho voluto usare le parole esatte che sono riportate al verbale stenografico del Consiglio Comunale. La cosa non destò particolare scalpore.
Ieri, raggiunto dal Corriere della Sera, ho ripetuto quei concetti, confermando che è in corso un approfondimento per capire se dotare di questi kit i servizi. Quindi è possibile che questi kit vengano forniti agli operatori, che poi potrebbero usarli, anche fornendoli alle famiglie, nel quadro del rapporto consultoriale che ho descritto. Spero sia chiaro: non come Milano, che vuole distribuirli a tappeto, ma nemmeno chiudendoci a priori una possibilità, da usare con la mediazione della capacità professionale degli operatori sociosanitari. Il Corriere di Bologna, stamattina, ci ha comunque fatto un titolone.
Ora però c'è un problema, e cioè che sul tema droga abbondano le posizioni radicali: da un lato quelle tutte legge ed ordine, che privilegiano l'approccio repressivo trascurando il bisogno di un cammino educativo e culturale; dall'altro quelle che si concentrano solo sulla riduzione del danno, e diffidano di ogni accenno non dico di repressione ma anche solo di controllo. Il mio pensiero, come riporta oggi correttamente l'articolo, è che su questi temi "bisogna evitare due rischi contrastanti: quello di criminalizzare la questione, invocando la repressione, e quello di sottovalutarla, affrontando con leggerezza il problema".
La mia proposta vuole essere solo una misura di buon senso, che vada incontro all'esigenza di affrontare con serietà il problema, coinvolgendo e responsabilizzando i giovani e le famiglie. Francamente, mi stupisce che desti tanto scalpore...
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2 commenti:
Le faccio vivi complimenti per aver citato il buon senso.
In merito alle scelte di Milano, le propongo un'analogia su cui m'interesserebbe il suo parere:
Quando fra bambini s'inizia un gioco, talvolta succede che ci sia qualche bambino più furbo, svelto, sopra le righe degli altri. Trovando qualche scappatoia alla manciata di regole buttate lì per iniziare il gioco, trova il modo di sbaragliare gli altri partecipanti, peraltro rendendoglisi - non a torto - inviso.
Così i bambini aggiungono regole su regole al gioco per renderlo giocabile da tutti con soddisfazione. Purtroppo il gioco finalmente regimentato da mille regole che tutelano chi voleva semplicemente giocare, diventa una barba insopportabile che non è più divertente giocare.
I bambini, i bambini dico, imparano molto in fretta che l'unica soluzione è non giocare più con i furbi, che manifestamente usano il gioco per fare altro, rovinandone il gusto a tutti.
In questa congiuntura di regole molto specializzate per fronteggiare la paranoia la cui piantina viene quotidianamente da più parti innaffiata amorosamente, non è forse il caso di riconoscere gli elementi di disturbo ed estrometterli?
Essendo la paranoia a braccetto col relativismo, dice bene che alla gente, "appena si parla di giudicare [...] si rizzano i capelli in testa".
Però credo che lo strumento non stia affatto nelle regole: tanto agli Italiani, sfiduciatissimi della cosa pubblica percepita capziosa, perennemente in malafede, autoreferenziale e profondamente votata ad agire pro domo sua, agli Italiani dico, le regole scivolano come sul burro (burrocrazia?).
Non è un caso infatti che il corpus giuridico italiano sia così nutrito, non le pare?
Ritornando nel merito, le chiedo se è meglio un inutile contentino dal nome accattivante ("il kit") o un serio programma a lungo termine che porti alla stigmatizzazione sociale - di tutta la società, non solo della quota over 65 o nei salotti delle signore per bene - dell'uso di sostanze stupefacenti?
Si potrebbe citare il proibizionismo americano, ma sarebbe come sparare alle mosche con i cannoni.
Mi faccia sapere che ne pensa de "le regole", in merito all'analogia con i giochi dei bambini. Perchè questa giunta non sembra distinguersi per il bun senso, ma comunica un affannoso aggrapparsi alle regole appunto che la rende cavillosa e non proprio intelligente e lungimirante come ci si aspetterebbe.
geniale anche questa del kit
a milao l'hanno ritirato in 30 su migliaia messi a disposizione
come dice un mio caro amico: "i popoli sono sempre migliori di chi li comanda"
vale per Milano, ma evidentemente vale anche per Bologna, dove perdete tempo con sciocchezze del genere, o come con la proposta di Marcheselli di arruolare gli anziani come dispositivo antidroga nelle scuole.
Sicuramente la paternale di un settantenne avrà un grosso impatto sugli adolescenti, oh yes...
Paruolo, ma pensarne di meno e farne qualcuna di quelle più semplici?
mazzetta
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