sabato 31 dicembre 2011

Meno miopia e più coraggio sui ticket sanitari regionali

Testo del mio articolo pubblicato sull'ultimo numero de "Il Mosaico", che potete leggere per intero qui.

In una fase drammatica per l’Italia e a fronte di una ormai conclamata inadeguatezza della destra al governo, resta alta una certa diffidenza da parte degli elettori nei confronti del PD, che fatica ad intercettare l’emorragia di consensi in uscita da PDL e Lega.
Nel chiedersi perché, spesso assistiamo ad un dibattito in cui ognuno cerca di tirare la coperta dalla propria parte. Per alcuni il tema è: partito leggero o partito pesante; c’è chi incolpa la possibile alleanza con Casini e chi quella con Vendola e Di Pietro, chi punta sul ricambio generazionale e chi difende l’esperienza, chi vede il PD troppo a sinistra e chi non abbastanza, e così via.
Si rischia così di dimenticare che la vocazione del PD è intrinsecamente plurale ed orientata al futuro. O il PD risulterà davvero riformista e plurale oppure sarà percepito come una forza conservatrice e divisa. Essere riformista e plurale non è però questione da definire in qualche assemblea: va conquistato sul campo giorno per giorno, coi fatti. Per questo è un bene quando ci si concentra e si discute di idee e progetti, ed è un peccato quando si perdono buone occasioni per fare passi avanti. Un esempio di occasione (finora) mancata è quella dei ticket sanitari regionali dell’Emilia Romagna.
Va certo ricordato che è stato il governo nazionale ad introdurre i ticket sulla sanità, in forma bruta ed uguale per tutti, e del governo Berlusconi non si può che dire tutto il male possibile. E va ricordato che la Regione Emilia Romagna ha meritoriamente rifiutato di applicare i ticket governativi impegnandosi a renderli più equi, per questo introducendo scaglioni basati su fasce di reddito. Perfetto, se non fosse per un aspetto che è stato purtroppo trascurato: si è preso il reddito familiare complessivo come riferimento.
Per capirci, è un po’ come se per entrare a teatro ci fosse un cartello all’ingresso che avvisa: biglietto singolo 10 euro, sconto per famiglie 15 euro (a testa!). Questo è infatti l’effetto del provvedimento: le famiglie devono sommare i redditi di tutti i componenti, finendo quindi in una fascia di reddito più alta di chi è single oppure convivente ma non sposato, e chi ha figli è trattato esattamente come chi non ne ha. Sulla base di questo reddito ognuno dei membri della famiglia deve pagare un ticket più alto: una cosa senza alcun senso.
Esaminiamo attenuanti ed obiezioni. Si è citato come riferimento un precedente legislativo del 1993, ma la legge 537/1993 era un collegatoomnibus alla finanziaria dell’epoca e non una legge quadro in campo sanitario; poi è vero che nel comma 16 dell’articolo 8 per determinare una quota di esenzione si usava il reddito complessivo familiare, ma nello stesso comma era presente anche una gradualità per tener conto di coniuge o figli a carico; infine, è proprio dagli sbagli del passato che dovremmo liberarci, dunque attenuante respinta.
Si è poi detto che l’ideale sarebbe stato utilizzare l’ISEE, ma che era una cosa complicata e che avrebbe richiesto tempo (e denaro), dunque si è rimandata la sua eventuale adozione ad un momento successivo. Condivido l’osservazione a tal punto che credo che non sia la scelta migliore neanche in un secondo tempo. L’ISEE è una prospettiva di equità importante perché tiene insieme reddito, patrimonio e carico familiare: va affinato, semplificato, verificato (le forme di elusione della parte patrimoniale sono purtroppo agevoli e diffuse) ed utilizzato ogni volta che la contribuzione riguardi le famiglie. Ma nel caso delle prestazioni sanitarie le prestazioni riguardano i singoli cittadini!
Questo passaggio è fondamentale, per due motivi. Primo, è chiaro il limite dell’ISEE quando il contributo riguarda più di un componente della famiglia e non il nucleo familiare nel suo insieme: altrimenti perché nei nidi ci sarebbe lo sconto sul secondo figlio? Secondo, nello specifico sanitario i ticket sono anche un modo per promuovere l’appropriatezza (si ricordi che le esenzioni per patologie sono fatte salve) e sganciare i ticket da una misura “a persona” vanifica quest’obiettivo o addirittura produce l’effetto contrario.
La domanda centrale resta questa: non bastava definire gli scaglioni sul reddito pro-capite? Siamo ancora in tempo: non si può cambiare e fare così? Nelle settimane passate, insieme a diverse altre persone ho promosso un appello che trovate su pdplurale.blogspot.org, e rinnovo in queste righe l’invito alla Regione. Credo davvero che sia un caso in cui il reddito pro-capite (reddito familiare diviso numero di componenti) sia la miglior soluzione: nessun aumento della complicazione, massima equità, un segnale importante che metterebbe a tacere ogni tipo di contestazione. O no?
Nel punto di domanda finale c’è in realtà la ragione della mia preoccupazione. Che emerge non solo dalla scelta fatta, ma anche dalle risposte ufficiali improntate alla prudente promessa di studiare miglioramenti “a partire dall’ISEE” e anzitutto per “le famiglie numerose e più fragili”. Ma qui c’è un problema di equità che riguarda tutte le famiglie, ovvero tutti i cittadini tranne i single senza figli, e sarebbe davvero opportuno maggiore coraggio. Non è detto che il reddito pro-capite (quoziente familiare) vada bene in tutti i casi, ma se c’è un caso in cui è senz’altro equo ed opportuno è quello dei ticket sanitari. Non ho trovato finora nessuno a cui ho proposto questo ragionamento che mi ponesse obiezioni, e sarei grato di conoscere le motivazioni di chi non fosse d’accordo. E se nessuno ha obiezioni, allora perché tanti tentennamenti? Difficile capire cosa e chi stia frenando, ed è tornando alle fatiche del PD di cui dicevo all’inizio che sollecito il mio partito e la Regione Emilia Romagna ad avere coraggio.

giovedì 15 dicembre 2011

Alluvioni lontane e contorsioni vicine

Alzi la mano chi si è preoccupato per ragioni umanitarie delle inondazioni in Thailandia di ottobre, o almeno chi se accorto di quel che è successo. Vedo poche mani alzate. Forse se ne accorgerà chi vuole comprare un hard disk: proprio oggi ne ho visto in offerta uno come quello che ho comprato io tre mesi fa, ma al doppio del prezzo che avevo pagato io. Già, perchè molte delle fabbriche che costruiscono gli hard disk e soprattutto molti dei fornitori di componentistica (e non solo per gli hard disk) si trovano proprio in Thailandia.

E' vero che gli italiani in questi mesi sono stati molto occupati a seguire (vorrei dire quasi alluvionati) l'agonia politica del governo Berlusconi e la successiva fulminea ascesa del governo Monti, e soprattutto hanno dovuto imparare ad interessarsi in tempo reale del famigerato spread fra titoli di stato tedeschi ed italiani.

Forse ora ci possiamo consolare di avere un governo decente. Un lontano parente che vive in Germania da una vita mi scrive che "almeno così non devo più spiegare perchè un tizio così stia ancora al suo posto". Questo perchè più nessuno nel mondo capiva, da molti anni, come gli italiani potessero tollerare di essere governati da Berlusconi.

Ma dobbiamo fare attenzione a non montarci la testa: mettere Berlusconi da parte (speriamo, almeno) è un po' come imparare a non farsela più addosso, il che come è noto non equivale alla maturità nè tantomeno a conseguire un premio Nobel...

Così adesso il governo Monti sta varando la sua prima manovra. Il sito del Corriere mi informa che la mia età pensionabile è stata appena incrementata di 4,5 anni, mentre nel frattempo le poche liberalizzazioni stanno evaporando dal decreto e veniamo informati che Minzolini non è licenziabile e il suo stipendio di 550 mila euro annui è un diritto acquisito, tanto per dirne una.

Speriamo perciò che il governo Monti riesca a mantenere a galla la barca, ma non facciamoci troppe illusioni. Se vogliamo riprendere una navigazione che prometta un futuro accettabile ai nostri figli, serve un cambiamento radicale, profondo, nel merito. Un cambiamento che ancora non si vede. Nel frattempo, il mondo non ci aspetta, e per capirlo non c'è bisogno dell'inondazione della Thailandia...

domenica 16 ottobre 2011

Uomini senza onore

Uomini senza onore nei palazzi di Roma tengono in vita artificialmente un governo decotto mercanteggiando favori e strapuntini per sè e per i propri sodali, asseragliati coi loro privilegi nel Parlamento dei nominati.

Uomini senza onore per le strade di Roma sovrappongono alla dimostrazione pacifica di tanti cittadini il loro disegno violento, ignobile e vigliacco, col volto coperto ma purtroppo non dalla vergogna che dovrebbero provare.

Nel frattempo, l'Italia cola a picco.
Uomini senza onore, avvelenatori della democrazia, l'Italia non ha bisogno di voi.

martedì 26 luglio 2011

Siamo tutti norvegesi

Quanto accaduto in Norvegia è terribile e straziante, e nella commozione di questi giorni siamo tutti norvegesi, vicini alle famiglie delle vittime e allo strazio di una nazione che si è trovata devastata ed attonita ed ancora fatica a capire il perchè, come peraltro tutti noi. E' una mancanza di senso che rende ancora più gravoso il peso del dolore per la morte di tanti innocenti.

Quella del sedicente nuovo cavaliere templare che si inventa la sua personalissima crociata e in poche ore riesce a uccidere con apparente facilità 75 persone e passa è in effetti una storia che ha dell'incredibile: se avessimo letto un romanzo con quella trama l'avremmo considerato di poco valore, troppo esagerato per apparire realistico...

E c'è una domanda che rimane sullo sfondo, ma che non può essere liquidata facilmente. Si tratta di uno scherzo del destino, una combinazione irripetibile, una specie di singolarità nel contiunuum spazio-temporale oppure questo killer scandinavo è a modo suo un segno dei tempi, l'indicatore che c'è qualcosa che non quadra che sta crescendo sotto i nostri occhi senza che riusciamo a scorgerne i contorni e la pericolosità?

Portandomi dentro questa domanda, leggo qualche notizia di cronaca di oggi. Uno: trovati con un lanciagranate e una katana in macchina, sono stati denunciati in due: gli agenti hanno trovato sotto il sedile un lanciagranate nero con dispositivo ottico di puntamento e nel baule una spada katana di 70 centimetri con lama di 47. Due: sembrava un incidente normale, anche se terribile perché c'è scappato un morto di appena 30 anni. Invece, dopo un lungo interrogatorio, l'investitore è stato arrestato per omicidio volontario: avrebbe investito con l'auto e ucciso di proposito lo scooterista, dopo una lite stradale. Tre: avevano 80 tartarughe in macchina: denunciati due turisti emiliani. I carabinieri in una verifica dei bagagli all'imbarco sul traghetto da Golfo Aranci hanno scoperto all'interno di un'auto delle casse improvvisate, dove erano state stivate in condizioni pessime numerose testuggini di specie diverse e tipiche della Sardegna: 7 testudo hermani, 23 testudo marginata, 50 testuggini palustri.

No, non faccio paragoni e nemmeno di tutta l'erba un fascio. Ma gli ingredienti? Certo più in piccolo, ma non sono forse gli stessi? Armi come fossero giocattoli. La rabbia che porta all'omicidio sommario. Un fondamentale disprezzo per la vita altrui (qui sono animali e non persone, ma è comunque terribile). Insomma, non c'è da stare tranquilli: siamo tutti norvegesi, forse anche più di quanto non ci rendiamo conto.

venerdì 1 luglio 2011

Cinque sfide per Merola

La vittoria al primo turno di Virginio Merola al termine della notte più buia del centrosinistra bolognese è un risultato notevolissimo e in larga misura inatteso anche per gli osservatori più esperti. Nel fargli gli auguri di buon lavoro Bologna si chiede se il bagliore della sua vittoria sia in effetti l’alba di un nuovo giorno che sta sorgendo. Il programma del nuovo Sindaco è ambizioso e concreto, ma ora deve tradurlo in pratica e dimostrare ai bolognesi che non si tratta solo di parole, che il cambiamento c’è e si vede. E deve farlo in un contesto di sfide forti: qui vorrei richiamarne cinque.

1. Di nuove infrastrutture negli ultimi vent’anni si è molto parlato ma si è realizzato molto poco. Al di là del fatto che se un progetto è intrinsecamente discutibile prima o poi è fatale che i nodi vengano al pettine, l’impressione è che vi sia una capacità diffusa di far naufragare i progetti, buoni e cattivi che siano. Tante volte, con tram, metrò automatico, metro-tramvia, tram su gomma, progetti per la nuova stazione e così via, ai cittadini la svolta è parsa a portata di mano per poi sfumare in dissolvenza. Per ritrovare la capacità di fare serve coinvolgimento e convergenza, e poi un deciso passaggio dai progetti alla realizzazione delle grandi e piccole opere, a partire da pedonalizzazioni vere e piste ciclabili degne di questo nome.

2. Bologna non può solo pensarsi come il centro formativo e amministrativo, spesso lento e sonnacchioso, di una regione operosa. Deve ritrovare un ruolo ed una focalizzazione anche sul piano industriale ed economico, tornare al centro della scena non con le parole ma coi fatti. Il Comune non può fare da solo, ma molto può fare per coordinare realtà che operano spesso ognuna per conto suo, per pretendere che i tecnopoli non siano solo la sommatoria degli orticelli di ricerca pre-esistenti, per forzare poche e ben definite scelte di campo su cui concentrare investimenti e sinergie. Per giocare le partite del futuro globalizzato bisogna smettere di pensarsi come cellule staminali totipotenti e scegliere di crescere specializzandosi verso poche e definite scelte condivise.

3. Questi importanti passi avanti vanno accompagnati dalla difesa dei diritti dei cittadini nella sanità, nella scuola, nei diversi campi del welfare. Una difesa che non sia pura conservazione, ma la capacità di cambiare la forma per difendere e migliorare la sostanza. Tutto questo deve però fare i conti con un contesto fortemente critico sul piano delle risorse: fra i tagli indecenti del governo nazionale e le profonde ristrettezze di bilancio comunale, c’è poco da stare allegri. Ma proprio questa è l’occasione per dire no ai tagli lineari, cogliere l’opportunità per ripensare al modo di spendere le risorse, andare nel merito delle singole voci di spesa, trovare il coraggio della verità sapendo anche dire dei no per poter essere davvero credibili quando invece si dice di sì, rimotivando anche le tante persone che possono dare un contributo.

4. C’è da consolidare o ricostruire un tessuto connettivo e un comune sentire. Serve partecipazione, anzitutto, sapendo che non si parte da zero ma ci sono esperienze importanti dentro e fuori dall’amministrazione da riprendere, coinvolgere ed espandere. Serve capacità di dialogo per uscire dal clima di conflittualità permanente in cui non esistono le ragioni dell’altro, l’avversario è colui con cui invece avrebbe senso stipulare un nuovo patto, si manca spesso merito e bersaglio delle battaglie. Il Sindaco in alcune occasioni ha detto “no a guerre fra poveri”, e ha fatto bene. E’ chiaro che è un clima che potrà essere definitivamente superato solo con la capacità di nuove sintesi e dimostrando che l’unione fa la forza, anche nella difesa dei diritti.

5. C’è una avventura politica, quella del PD, che attende compimento: serve il coraggio di insistere sul progetto di una forza politica nuova, aperta, plurale. Soprattutto bisogna smettere di dire belle parole salvo poi far prevalere nelle scelte concrete logiche d’apparato del tempo che fu. In campagna elettorale il Sindaco ha detto chiaramente che se il PD dovesse tornare a dividersi lui non si iscriverebbe a nessuna delle due componenti risultanti, legando così la sua avventura politica alla sfida per costruire il PD. Non può certo fare da solo, ma è una sponda importante su cui deve poter contare chi si batte per evitare un ritorno al passato, per costruire un partito in cui possano sentirsi a casa propria in tanti, per definire un riformismo vero costruito non sulla riproposizione degli schemi del passato ma sul presente e sulle sfide del futuro.

Di fronte a queste sfide, la vittoria alle elezioni non può rappresentare un punto di arrivo ma di partenza. Questo è tanto più vero in quanto sappiamo, e io posso testimoniarlo direttamente, che Merola non è stato scelto in un caminetto ristretto di alti dirigenti ma anzi ha dovuto vincere resistenze importanti per farsi strada dal basso prima nella selezione interna al PD, per prevalere poi nelle primarie di gennaio ed infine per imporsi alle elezioni di maggio. Pertanto questo non è il momento di sedersi e riposare, caro Virginio, ma di mettere le gambe in spalla e cominciare a correre, senza paura di combattere la giusta battaglia. Bologna se lo merita, e ce lo aspettiamo tutti noi che in questa sfida abbiamo creduto.

(articolo per Il Mosaico, pubblicato sul n. 40)

venerdì 20 maggio 2011

Molta sostanza e poca propaganda

La vittoria al primo turno di Virginio Merola ha stupito tanti, anche fra coloro che avevano auspicato questo risultato. Non era la prima volta, infatti era già successo in occasione della netta affermazione alle primarie. C'è da rifletterci, e comunque io spero e credo che le sorprese in positivo non siano finite: dunque anzitutto auguri e in bocca al lupo a Virginio Sindaco di Bologna!

Naturalmente non mi sfugge il contesto di difficoltà in cui questa vittoria è arrivata, al termine di una fase tormentata e di un lunghissimo commissariamento, nè mi sfugge la necessità di curare le ferite che questa fase ha lasciato negli elettori (e che potranno essere guarite in un solo modo: governando bene). Segnali che sono stati sottolineati da più commentatori, insieme alla evidenziatura dell'apporto dato alla vittoria dalla lista di Amelia Frascaroli + Sel e dalle altre liste. D'accordo, tutto vero: ma proprio in ragione di questa situazione difficile siamo di fronte ad un risultato straordinario, e notevolissima è la prestazione della lista del Pd che comunque incassa il 38% abbondante. Onore al merito dunque. Io notoriamente non sono un baciapile, ma credo che qui davvero si debba riconoscere il merito di Virginio Merola, di Raffaele Donini, dei candidati del Pd da Maurizio Cevenini in giù, di tutti i volontari che si sono impegnati spesso lontano dai riflettori.

In questo contesto, francamente mi fanno sorridere alcuni commenti del giorno dopo. C'è chi si affanna a sottolineare che la vittoria al primo turno è avvenuta per un solo migliaio di voti, glissando sui 42 mila voti di distacco inflitti a Manes Bernardini e sui risultati deludenti del Pdl e degli altri candidati più o meno civici. Vi ricordate il ministro Calderoli che aveva detto che Bernardini poteva vincere al primo turno? L'ho fatto osservare ad alcune persone, e tutti hanno risposto che vabbè, era chiaramente solo propaganda: Calderoli mica ci credeva davvero, l'ha detto solo per caricare i suoi. Evidentemente c'è chi trova normale che i politici dicano bugie per propaganda, e la Lega deve ormai esserci abituata a forza di stare cheek to cheek con Berlusconi. Io invece non lo trovo normale.

Sarò (anch'io) ingenuo, ma a me piacciono i (non tanti) politici che cercano sempre di dire la verità, e che non sparano balle solo per convenienza. In questo contesto, ci sta ad esempio riconoscere che la propria parte può fare degli errori, e che su alcune questioni capita che gli avversari abbiano delle ragioni. Faccio un esempio pratico e mi rivolgo ai grillini: vi siete accorti che Merola ha citato come primo provvedimento l'eliminazione dei pass per l'accesso al centro a se stesso, assessori e consiglieri? Non è una vostra proposta: è forse per questo che non avete detto nulla a riguardo?

giovedì 5 maggio 2011

Promesse leghiste

Siamo ormai alla vigilia del voto amministrativo, con cui avrà termine il commissariamento di Bologna. Un commissariamento lunghissimo di oltre 450 giorni, frutto della fredda decisione del governo Berlusconi di lasciare Bologna a bagnomaria il più a lungo possibile.

Eppure a caldo il Consiglio Comunale aveva votato un ordine del giorno all'unanimità per chiedere al governo di andare al voto al più presto, ovvero "di predisporre tutti gli strumenti necessari atti a consentire il ricorso alle urne in tempi abbreviati rispetto a quelli attualmente previsti". Ma quell'appello rimase lettera morta.

Vorrei rievocare quei momenti con alcune parole di Manes Bernardini nella seduta del 27 gennaio 2010: "Una città intera oggi si sente ufficialmente senza Sindaco e quindi la melina che alcune forze politiche vogliono fare per non portare al più presto al voto, come tutti noi abbiamo chiesto, con un ordine del giorno votato lunedì scorso all’unanimità dal Consiglio Comunale di Bologna, è un atto vile nei confronti della nostra città! È un atto meschino nei confronti di tutti i bolognesi che oggi si meritano una Amministrazione in carica che deve governare la nostra città e che non può soggiacere a logiche di partito, di potere o di convenienza partitica sul giorno più opportuno per andare al voto. Qui bisogna andare al voto subito! Il Ministro dell’Interno con grande responsabilità ha dichiarato che è già pronta la possibilità per andare al voto a marzo, sta a voi e a tutti noi fare sì che quello che abbiamo votato lunedì sia la volontà politica di Bologna. Perché, ripeto, qui abbiamo una città intera che ci guarda, abbiamo una Italia intera che ci guarda e stiamo diventando la barzelletta del nostro Paese".

Pochi giorni dopo quelle parole il povero Bernardini si rese conto che la melina non la stava facendo il Pd, come lui sospettava in quel momento, ma il suo Governo; della grande disponibilità del suo Ministro dell'Interno si persero le tracce; su Bologna ci siamo dovuti sentire dire (dal governo Berlusconi!) che non si potevano fare provvedimenti "ad hoc".

Anche se Bernardini si è poi prontamente allineato, e oggi lo troviamo candidato, le sue parole di allora rimangono: non aver portato Bologna subito al voto è stato un atto vile.

mercoledì 30 marzo 2011

La povertà più grande è nei nostri cuori

La povertà più grande non è nelle tasche, ma nel cuore e nella mente delle persone. Siamo poveri non tanto e non solo per la disoccupazione, il precariato, le difficoltà economiche delle famiglie: siamo poveri quando perdiamo la nostra anima solidale, intraprendente e giusta.
Non sono parole mie: le sto prendendo da una lettera di alcune associazioni. In questi giorni (ma per la precisione dovrei dire soprattutto in queste notti) sto riguardando testi vari pervenuti nelle settimane scorse, contributi e suggerimenti al programma elettorale di Merola. E tra idee progettuali, numeri e scenari, proposte concrete e affermazioni di principio, ecco spuntare un concetto che ci ricorda come il cambiamento più grande cui siamo chiamati è dentro di noi. Perché certamente dobbiamo darci da fare per promuovere l'occupazione e la stabilità del lavoro, e per aiutare le famiglie in difficoltà: ma c'è di più.
Per questo trovo bella questa sottolineatura sulla povertà. Mi fa venire in mente i racconti dei nostri nonni, storie terribili della loro vita durante la guerra. Quando noi che li ascoltavamo tiravamo le somme dicendo loro "allora eravate poveri" la risposta era sempre "no, c'era chi stava peggio di noi", perché c'era in loro un grande senso della misura e nessuna voglia di autocommiserazione. Mi fa venire in mente la dignità orgogliosa e il senso di decoro di persone poverissime che ho avuto la fortuna di conoscere in paesi molto lontani, quelli dove vai per aiutare e torni capendo che in verità sei tu quello che è stato aiutato. E mi fa venire in mente le beatitudini evangeliche, naturalmente.
Penso a tutto questo facendo un respiro profondo, mentre metto a fuoco che è un punto di vista talmente assente dalle cronache quotidiane da sembrare quasi alieno: proprio per questo ce n'è un grande bisogno.
Già, le cronache quotidiane. Storie di catastrofi e di meschinità, di disastri nucleari e di imboscate parlamentari, di popoli che combattono per la democrazia e di gente che ce l'ha ma sembra che non sappia che farsene, di costituzioni calpestate senza che se ne colga la gravità e di piccoli veleni pre-elettorali gonfiati a dismisura, di popolazioni migranti e di cervelli in fuga a volte anche dal corpo che li ospita. Dalle cronache giapponesi a quelle libiche, dalle sceneggiate lampedusane a quelle parlamentari, dai cambiamenti planetari alla piccola cronaca locale, c'è grande abbondanza di personaggi che ritengono di aver capito tutto, e la terribile sensazione che il bandolo della matassa sfugga ai più.
Manca la memoria, la coerenza, il rigore, l'umiltà, il senso della misura. Tutto è opinabile, mutevole, giustificabile, l'incertezza regna sovrana. In questa melassa scompare perfino la scienza, perché anche le idiozie sembrano credibili se hanno il marchio dell'ufficialità. Volano i colpi bassi, in un festival di pagliuzze e di travi viste però sempre nell'occhio degli altri. Si perdono le proporzioni, in un gioco di specchi in cui un serial killer può apparire un innocente perseguitato ma poi basta un'esitazione per inchiodare qualcun altro sulla croce.
Risultati? In Libia c'è la no-fly zone. In Giappone, dalle parti di Fukushima, si sta stabilendo una no-life zone. In Italia vogliono creare una no-law zone dalle parti di Arcore (ma non solo) ed una fora-dai-ball zone più verso l'esterno. A Bologna c'è chi si sta impegnando per creare una no-fair-play zone: vediamo di evitarlo, potrebbe essere il nostro piccolo contributo per una politica migliore.
Ma il primo contributo che ognuno di noi è chiamato a dare è anzitutto nel suo cuore. Anni fa, in un momento di fatica e di dubbi, una persona amica cui chiesi un consiglio sul da farsi mi disse semplicemente: "Ricordati chi sei". Fu un grande consiglio, che resta più che valido. Perché la prima povertà da combattere è quella del nostro cuore.

venerdì 11 marzo 2011

Strade pericolose e l'incrocio del piccolo cowboy

Sul Corriere di Bologna di oggi Sarah Buono ci racconta quali sono le venti strade più pericolose di Bologna, quelli con i maggiori incidenti stradali, con i morti ed i feriti. E' un elemento di riflessione importante, che voglio qui richiamare per due motivi.

Il primo è che mi ricorda una ricerca analoga che feci da consigliere comunale appena eletto circa 11 anni fa. In quell'occasione analizzai i dati degli incidenti del 1999 ma anche le strade dove nello stesso periodo erano state fatte multe e ritirate patenti per eccesso di velocità. Ne emergeva un quadro in cui le multe venivano fatte soprattutto su strade ad alto scorrimento (le linee blu nella figura) mentre i morti e i feriti gravi per lo più erano occorsi su strade ad una sola corsia (i quadrati rossi nella figura) molto meno controllate. Il perché non era difficile capirlo: su una strada ad alto scorrimento era possibile multare a getto continuo, mentre su quelle più strette i limiti venivano più rispettati, però era anche più facile che la singola guida pericolosa portasse all'incidente in cui scappava il morto. Feci le mie raccomandazioni alla PM a quel tempo, francamente non so se poi i controlli si orientarono in modo diverso negli anni successivi. Però è un tema che penso valga la pena di riprendere.
Il secondo motivo è che l'articolo indica in via San Donato la più pericolosa del 2010, e io conosco via San Donato perché la faccio tutti i giorni. A questo proposito voglio accendere un piccolo riflettore sull'incontro fra via San Donato e via Calamosco, meglio noto fra gli abitanti del luogo come l'incrocio del "Piccolo Cowboy" (dal nome della pizzeria lì all'angolo). E' un incrocio pericoloso e famigerato per i tanti incidenti che si sono succeduti nel corso degli anni. Alcuni motivi sono evidenti: visibilità nulla o scarsa, per cui se c'è qualcuno che brucia un semaforo te ne accorgi solo quando ti viene addosso in mezzo all'incrocio; inoltre venendo da Bologna c'è una curva secca poco prima dell'incrocio, che toglie per pochi secondi la visibilità del semaforo; e poi di notte va solo il lampeggiante giallo. Ma c'è un particolare ulteriore su cui ho ragionato solo di recente: c'è un ritardo fra quando scatta il rosso per i veicoli provenienti da nord (Granarolo) e quando scatta per i veicoli provenienti da sud (Bologna), immagino per consentire la svolta a sinistra a chi viene da sud e deve immettesi in via Calamosco (ovest).
Ora, quel rosso per il nord è visibile da lontano per chi proviene da est (via di Quarto superiore) e crea l'aspettativa del verde; mentre chi viene da sud vede da lontano il verde e l'incrocio sgombro, poi perde la visibilità del semaforo e quando lo rivede magari scatta il giallo e dovrebbe fermarsi (e intando da nord è rosso da un pezzo). I due che vengono da sud e da est non si vedono fra loro, perché non c'è visibilità fra sud e est. Morale: basta un attimo di anticipazione del verde per chi viene da est o un attimo di ritardo sul giallo per chi viene da sud per generare l'incidente. Ora, è chiaro che se tutti rispettassero i semafori (o le regole del codice della strada in generale) non ci sarebbero mai incidenti. Ma dobbiamo fare qualcosa di più per evitare di creare condizioni tali per cui una frazione di secondo possa risultare fatale.

giovedì 24 febbraio 2011

Bologna wireless

Da alcuni giorni il Resto del Carlino sta promuovendo l’idea di cercare finanziamenti privati e sponsorizzazioni per ampliare la copertura di rete senza fili in tutta la città. Virginio Merola, che aveva già indicato nei mesi scorsi quella del wi-fi fra le priorità della sua idea di città digitale, oggi ribadisce con forza l’idea, e fa bene. Qui io mi permetto di ricordare come siamo arrivati fin qui. Lo faccio solo per inquadrare storicamente e tecnicamente la questione, e lo faccio solo a beneficio dei miei lettori: non pretendo che la cosa interessi al Carlino, mentre a Virginio ho chiesto io stesso di stare sulla prospettiva futura senza indulgere in tecnicismi e ricostruzioni storiche.

La sperimentazione del wi-fi gratuito in Piazza Maggiore e in altri luoghi della città cominciò nel 2005. Allora, come oggi, il servizio concedeva agli utenti registrati (cittadini e studenti) un tempo di navigazione completamente gratuito. Quando da assessore assunsi la delega ad informatica e comunicazione, ereditai il problema di come far diventare quella sperimentazione un servizio permanente. Nel 2007 la Giunta approvò un mio piano della comunicazione in cui si prevedeva l’estensione del wi-fi attraverso un sistema in cui il Comune non metteva soldi, ma definiva il modello e gestiva l’autenticazione. I finanziamenti sarebbero dovuti venire da privati e sponsorizzazioni. La motivazione non era solo perché i soldi pubblici notoriamente scarseggiano. C’è anche un tema di tutela della concorrenza, che ha portato a livello europeo alla bocciatura di interventi di questo tipo fatti con investimenti da parte di amministrazioni pubbliche. Splendide reti wireless si sono trovate l’ingiunzione di spegnere il servizio ai cittadini e limitarsi all’utenza della PA (l’esperienza di Praga insegna) perché il servizio di accesso ad Internet viene considerato come un segmento del mercato delle comunicazioni e sottoposto quindi alla tutela della concorrenza. Se ci fate caso, anche la rete regionale Lepida è rivolta alla PA - anche se indirettamente il suo sviluppo ha aiutato a migliorare l’accesso anche ai cittadini, che però per l’appunto viaggia su fili diversi.

La nostra soluzione tiene invece insieme il ruolo di promotore del Comune con il fatto che l’accesso wireless viene offerto senza un diretto investimento pubblico. Per questo nel 2008 abbiamo avviato una procedura ad evidenza pubblica con un bando e successivamente continuato con una trattativa privata allo scopo di individuare il partner tecnico con cui realizzare il modello che avevo proposto. Alla società veniva chiesto di garantire la gratuità del servizio entro certi termini per tutti i cittadini, la disponibilità a dotare un certo numero di luoghi pubblici della connessione, e un kit a prezzo definito per ampliare l’offerta ad altri luoghi grazie a sponsor e finanziatori privati. Sponsor che possono essere i più vari: dall’esercizio commerciale che intenda offrire ai propri clienti il servizio di connessione fino all’ente (o all’azienda, o all’associazione) che decide di sponsorizzare una piazza in cui gli utilizzatori collegandosi possano navigare sapendo da chi è offerto il collegamento.

Questo modello è innovativo e offre diversi vantaggi: per i finanziatori privati non c'è solo il disporre di un’offerta tecnica già definita a costi competitivi, ma la garanzia che il Comune si fa carico del tema dell’autenticazione e del tenere insieme i vari pezzi. Per i cittadini utilizzatori, oltre alla navigazione gratuita, c'è la possibilità con una sola autenticazione di navigare ovunque. Ora, la legislazione si è recentemente pronunciata per una semplificazione delle procedure d’accesso, ma comunque si è ancora in attesa dei regolamenti attuativi ed è difficile che l'autenticazione sparisca del tutto; e comunque il fatto che il Comune si faccia carico del modello e dell’autenticazione è una garanzia per tutti.

Con queste premesse, negli ultimi mesi del mio mandato si è andato definendo l’accordo con la società individuata (Goonet), che è stato poi firmato dopo l’estate delle elezioni dalla nuova amministrazione (ottobre 2009). Intanto avevamo già coinvolto i primi sponsor: ricordo Carisbo, la Libreria Ambasciatori, che sono subito entrati a far parte di Iperbole wireless, ed altri che sono maturati successivamente. Nelle nostre intenzioni, questi erano solo l'avanguardia di una ricerca di sponsor ad ampio spettro che il Comune avrebbe dovuto fare per trovare i finanziatori che permettessero di ampliare il numero di installazioni e coprire in modo ampio la città. Era un compito che toccava all’amministrazione comunale successiva, ma poi c’è stato il commissariamento e la questione è rimasta ferma. Ora il Carlino la riprende, e ben venga che il maggior quotidiano della città promuova uno sforzo comune che porti al completamento di quest’opera! Certo, tutto questo è possibile anche perché c’è stato chi a suo tempo si è inventato un modello del tutto inedito e che ora mi auguro possa esprimere fino in fondo tutta la sua potenzialità...

martedì 25 gennaio 2011

La prima(ria)vera di Bologna

"Comincia la primavera di Bologna" ha detto Virginio Merola nel commentare il risultato della primaria-vera del 23 gennaio, ed è un augurio che ci teniamo stretto. Ma se il futuro è ancora tutto da costruire, il voto di domenica dice già cose importanti, che faremo bene a tenere a mente. Alcune indicazioni sono evidenti, altre meno: vi propongo la mia analisi.

Primo, l'alta partecipazione legittima fortemente lo strumento delle primarie. E' vero che oltre 28 mila votanti non sono un record assoluto, come ci ricordano gli esperti, ma mai come stavolta sono un risultato oltre le attese. Perché nonostante tutti i nostri sforzi tanti bolognesi neanche sapevano che ci fossero le primarie: quelli lontani dalla politica, che non leggono i giornali e a cui il postino aveva messo l'unica comunicazione mandata a tutti nella buca della pubblicità. Poi perché c'erano motivi che potevano indurre ad una non partecipazione al voto come forma di protesta contro le vicissitudini della politica bolognese o per disgusto dalla politica nazionale. Oggi c'è chi dice che il declino berlusconiano ha spinto la gente al voto: io penso che sia una reazione possibile, come però è possibile che lo spettacolo offerto a livello nazionale possa dequalificare tutta la politica e spingere a non partecipare. Infine, e più importante, stavolta c'erano parti politiche che avevano scommesso sul flop della partecipazione. Infatti...

Secondo, la sconfitta di chi aveva scommesso sul flop delle primarie. Non erano mica solo giornali e politologi a "gufare"! Vi ricordate a novembre la profezia di Rutelli: «A gennaio altri candidati»? E in dicembre Casini: «Altro che primarie o non primarie, queste sono discussioni catacombali». E le discussioni primarie-sì primarie-no nel bel mezzo della campagna? E le forze politiche che si erano defilate in attesa di vedere come andava? Insomma, c'era chi scommetteva sul flop, e non solo fuori dal nostro campo politico. Quindi c'era una opzione non-voto che era tutta politica, finalizzata a scaricare il vincitore di primarie-flop il giorno dopo il voto. Questa opzione politica è stata semplicemente disintegrata.

Terzo, le primarie sono state vere. Chi oggi dice che l'esito era scontato, dice una bugia grande come una casa. Se il confronto fra Virginio e Amelia non fosse stato aperto ad ogni risultato, ci sarebbe stato il videomessaggio di Vendola per Amelia il giorno prima del voto? Non credo proprio. Vedo che solo qualche esponente della destra ha finora osato affermarlo apertamente, per cercare di distogliere lo sguardo dal problema che da oggi hanno in casa loro: il candidato del centrosinistra c'è, il loro no e chissà quando ci sarà.

Quarto, il confronto è stato corretto. Di questo grande merito va dato ai tre candidati, che si sono sempre confrontati nel massimo rispetto reciproco. E poi ai tanti che hanno animato il dibattito. Ho letto tante dichiarazioni di voto pro-Virginio, pro-Amelia, pro-Benedetto: è il modo giusto. Solo pochi si sono mossi "contro", in effetti ho visto qualche brutta mail, ma questo ha squalificato anzitutto chi l'ha scritta. Io avevo amici che hanno sostenuto Amelia o Benedetto, non ci sono state ombre fra noi per il fatto di avere avuto convinzioni diverse, questo è davvero importante ed è lo spirito delle primarie.

Quinto, Virginio ha vinto le primarie nettamente. Amelia ha avuto certamente un risultato importante e significativo, e anche Benedetto si è fatto onore, ma il margine di oltri 22 punti percentuali (qualcuno ricorderà le voci su sondaggi che davano due punti di distacco solo qualche giorno fa) è tale da conferire una grande forza alla candidatura di Virginio Merola.

Sesto, la campagna di Virginio si è svolta su due fronti: uno teso a mobilitare l'elettorato tradizionalmente vicino al partito, l'altro volto a convincere l'elettorato di opinione. Quindi giri nei mercati e confronti nei circoli, ma anche il comitato civico "Banda Larga" e una capacità di interlocuzione ad ampio raggio. Un candidato con una storia alle spalle che significa esperienza amministrativa e saper fare, ma non chiuso nel passato e quindi capace di un progetto per il futuro di Bologna. Un candidato che va in mezzo agli anziani, ma che si rivolge ai giovani con un forte appello. Un candidato che viene dalla storia dell'impegno della sinistra e non se ne vergogna, ma al tempo stesso è impegnato per il rinnovamento del partito e la costruzione del PD. Non era una scommessa semplice: se si sbilanciava troppo sul partito si beccava l'etichetta del candidato d'apparato, se si smarcava troppo dal partito rischiava di disorientare tanti militanti. Invece è riuscito a comunicare che venire da una storia non vuol dire nè essere paracadutati dall'alto nè essere incapaci di dialogare anche con le tante risorse civiche di Bologna. Su questa linea può e deve continuare.

Settimo, la capacità di essere convincente su entrambi i fronti, oltre che la chiave del successo nelle primarie e un motivo di speranza per il futuro di Bologna, è anche un segno importante per il PD e il suo futuro. E' evidente in questo senso la sintonia con il segretario Raffaele Donini, giustamente indicato come vincitore morale per avere difeso con convinzione le primarie anche quando lo scetticismo imperava, e autore, non dimentichiamolo, di una importante svolta di rinnovamento interno a metà di gennaio. E' un connubio simboleggiato dall'accostamento a Maurizio Cevenini, che generosamente ha ricordato che Merola ha le competenze che a lui da tanti non venivano riconosciute, e si è messo a disposizione di Virginio sul versante in cui Maurizio ha tanto da insegnare a tutti noi, quello del rapporto con i cittadini. E' infine racchiuso nel sostegno a Merola di Piergiorgio Licciardello, il leader della minoranza congressuale. Ricordiamo le elezioni interne al partito della primavera scorsa. Per alcuni Donini, a dispetto delle sue promesse di rinnovamento, rischiava di essere il candidato della continuità, e il "nuovo PD" ha candidato Licciardello raccogliendo un quarto dei consensi. Se Donini si fosse rimangiato le promesse, saremmo oggi in uno scenario completamente diverso. Invece Donini ha tenuto fede al suo impegno di rinnovamento, a partire dalle primarie, e ha trovato nella minoranza di Licciardello un importante sostegno. Questo asse ha tenuto nella difesa delle primarie, e oggi molti sostenitori della nuova stagione che avevano votato Donini si sono ritrovati con altri sostenitori della nuova stagione che avevano votato Licciardello: insieme, a sostenere la candidatura di Virginio Merola.

Anche Virginio dimostrerà, anzi sta già dimostrando, che si sbagliano coloro che si ostinano a cucirgli addosso etichette tutte rivolte al passato. Che un nuovo PD è possibile. Che un nuovo progetto per Bologna è possibile. Che possiamo difendere il meglio del nostro passato attraverso il coraggio di cambiare. Questa è la prospettiva, questa è la primavera che auguro alla mia città.

venerdì 21 gennaio 2011

Perché sostengo Virginio

Virginio Merola ha la vocazione, ha le competenze, è una persona perbene.

Per motivare il mio sostegno nelle primarie per Bologna di domenica 23 gennaio 2011 potrei cavarmela così, con 12 sole parole. Ne spendo qualcuna in più per spiegare cosa intendo.

1) Virginio ha la vocazione a fare il Sindaco di Bologna. Chi guarda al Sindaco da lontano vede i privilegi e i benefici, ma non si rende conto di come sia una scelta di vita totalizzante, che occupa tutto il tempo e l'energia, ti trascina in un vortice di impegni, ti sottopone a tensioni fortissime, sempre sotto i riflettori; e per quanto uno possa stare continuamente sul pezzo, comunque non basta mai. Per questo ci vogliono persone molto motivate. Virginio lo è: avrebbe potuto scegliere di andare in Parlamento, per citare un incarico di grande prestigio e molto meno usurante, ma il suo sogno è Bologna. Al tempo stesso, Virginio è una persona normale, e questa è quasi un'eccezione. Infatti, spesso avere fortissime motivazioni pare coincidere con personalità dall'ego straripante: ne abbiamo avuti vari esempi di recente sia fra i sindaci eletti che fra gli aspiranti tali. Io penso invece che noi Bolognesi abbiamo tanto bisogno di avere come Sindaco semplicemente uno di noi. Per questo motivo ero contento della disponibilità di Maurizio Cevenini, e per questo stesso motivo credo che Virginio rappresenti una grande opportunità. Perché sa a cosa va incontro, ha le motivazioni e la sicurezza di sé per farlo, ma al tempo stesso non si crede un dio in terra, per fortuna.

2) Virginio ha le competenze per fare il Sindaco di Bologna. Questo pochi possono metterlo in discussione, e non è cosa da poco conto. Ha fatto per 10 anni il presidente di un quartiere che ha più di 60 mila abitanti, più o meno come Imola, l'ha fatto stando sul territorio e fra le persone. Per 5 anni ha fatto l'assessore comunale, varando il nuovo Piano Urbanistico (diciamolo: siccome è fatto molto bene, se n'è parlato poco). Ha promosso una partecipazione vera e concreta: mentre io tenevo il tavolo sull'elettrosmog, lui teneva i laboratori di urbanistica partecipata, e sono state le esperienze più avanzate nella nostra città di partecipazione dei cittadini alle decisioni. Conosce i problemi, ha un'idea precisa di cosa occorre fare fin da subito. La competenza non è qualcosa che si possa mettere fra parentesi, ci vuole! Certo, non è che il Sindaco possa fare tutto da solo, può e deve farsi aiutare. Ma se doveste essere operati da un chirurgo, vi accontentereste di sapere che avrà al fianco dei bravi aiutanti? Certo, ci vogliono dei buoni collaboratori, un bravo anestesista e così via, ma io vorrei che il chirurgo che mi deve operare sia anzitutto bravo e capace lui stesso. Per questo voglio mettere Bologna nelle mani di un amministratore che la ama e che è anche capace di curarla come merita. Infine, la competenza è anche una condizione indispensabile per essere indipendente, e l'indipendenza per il Sindaco è una qualità essenziale.

3) Virginio è una persona perbene, che è un prerequisito indispensabile sempre e oggi più che mai necessario per il Sindaco di Bologna. Perbene vuole dire anzitutto che è una persona onesta e limpida sul piano personale. Perbene vuole anche dire che si impegna non per perché fare il Sindaco sia un mezzo per arrivare altrove, ma per perseguire fino in fondo l'interesse della città. Perbene vuole quindi dire lavorare per il bene di Bologna, fare per-bene. Perbene vuol dire anche avere l'umiltà necessaria per stare dentro un gioco di squadra, senza necessariamente essere il primattore, e questo Virginio lo ha dimostrato tante volte nella sua vita politica, al punto che oggi lo accusano di essere un grigio funzionario, che è per l'appunto il modo di offendere uno che ha saputo avere l'umiltà di fare gioco di squadra. Perbene vuol dire al tempo stesso saper dire di no quando ti chiedono di fare una cosa che non puoi proprio condividere, anche se questo mette a rischio il tuo futuro politico, e questo Virginio lo ha fatto nel 2008 quando di fronte alla richiesta della nomenclatura di convergere su Delbono ha risposto “no, grazie” e si è candidato alle primarie. Perbene vuole infine dimostrare coi fatti di credere in ciò che si dice: Virginio crede davvero nel progetto del PD, e nelle primarie, e lo sta ampiamente dimostrando.

Sono queste dunque le ragioni fondamentali per il mio sostegno alla candidatura di Virginio. Io gli sono amico, è vero, ma se è per questo ho un ottimo rapporto anche con Amelia e Benedetto e diversi amici fra i loro sostenitori. L'amicizia è utile casomai per dirgli con schiettezza quello che penso, come ho sempre fatto, anche nelle occasioni in cui non siamo d'accordo sul merito di una questione. E' in questi casi che si misura la stoffa di una persona, e posso testimoniare che Virginio sa ascoltare. Posso anche testimoniare che le fatiche del decennio di politica bolognese che abbiamo alle spalle e che abbiamo attraversato spesso insieme, lo hanno temprato. L'augurio che gli faccio, e che faccio a tutti noi, è che usi quella tempra per arrivare a Palazzo d'Accursio e da lì guidi Bologna verso il cambiamento di cui tanto ha bisogno.