lunedì 3 agosto 2009

La glasnost e la perestrojka di Franceschini

Venuto alla luce dopo oltre un decennio di incubazione, il Partito Democratico è ora di fronte per la prima volta ad un congresso dall'esito non scontato. Speriamo sia l'occasione per dare risposte convincenti su alcune domande aperte ormai da troppo tempo, ricordandoci che oltre che il congresso è il futuro stesso del PD a non essere scontato.

La prima risposta non retorica che occorre è sul senso del progetto: crediamo ancora ad un partito che abbatta antichi steccati, superi vecchie appartenenze, non solo politiche ma anche culturali, per dare vita ad una sintesi nuova e capace di interpretare le sfide del futuro non solo nell'ottica della riproposizione degli schemi del passato?
Attenzione, perchè se ci si ferma alla pura declamazione, la coesistenza di un progetto teorico con l'assenza di un nuovo pensiero comune ed il conseguente richiamo alle vecchie identità rischia di aprire la porta a forme ibride di futurismo nostalgico: un ossimoro politico che funziona solo rispolverando un approccio più proporzionale in cui ognuno torni ad accarezzare la propria specifica identità politica per poi cercare le sintesi solo sul terreno della condivisione del potere e delle alleanze: e in ogni caso durerebbe poco.

Il secondo nodo riguarda il rapporto fra il partito e la società, ed è simboleggiato dal tema delle primarie. Ha senso fare primarie in cui si chiede agli elettori di pronunciarsi sulle scelte importanti (come la guida del partito ma non solo) o si tratta di un'intrusione indebita negli affari interni di un'associazione privata che quindi deve affidare le sue scelte solo al corpo degli iscritti?
Le primarie sono un simbolo perchè qui in realtà si incrociano temi diversi. C'è di mezzo la polemica un po' surreale fra partito radicato e partito liquido, ossia fra il ricordo di un passato da tempo scomparso e un'idea per il futuro che non ha mai preso corpo. C'è un bisogno anche inconscio di "mettere ordine" fra noi per fronteggiare un Berlusconi che sovrasta le divisioni nel suo campo dando l'illusione di un pensiero coerente, e quindi si cerca di stringere i ranghi perchè in mezzo agli iscritti ci si riconosce con più facilità.
In questo senso purtroppo non c'è da stupirsi se ogni tanto qualcuno pensa di risolvere i problemi del PD invitando qualcun altro ad andarsene oppure se nella pratica riaffiorano prepotenti nostalgie del centralismo democratico, come la storia recente del PD bolognese ampiamente dimostra. C'è infine un atteggiamento di fondo che condiziona la scelta, circa la presunzione di essere migliori della società che ci candidiamo a rappresentare. Tema che ci porta alla terza decisiva questione.

Domanda: il PD rappresenta già il rinnovamento della politica che dobbiamo solo preoccuparci di fare conoscere meglio al Paese perchè gli elettori lo riconoscano col voto, o dobbiamo partire dalla consapevolezza che l'idea di fondo di cui il PD è portatore è ben più avanti della nostra concreta attuale capacità di inverarla in modo pienamente credibile?
In questa politica di superuomini, credo che sia fondamentale inoculare un po' di sana modestia. E se di ciò siamo consapevoli, dobbiamo allora chiederci con quali metodi possiamo fare spazio ad un "nuovo" che possa contribuire a comporre quel mix di visione, merito, competenza ed onestà che ci occorre, senza avere come uniche alternative il ritorno all'antico o un nuovismo vuoto e solo di facciata.

Quando ho visto il modo con cui si è candidato Dario Franceschini, facendo comprensibilmente innervosire molti dei maggiorenti del partito, ho avuto la sensazione che avesse colto che questi nodi sono fondamentali e da sciogliere con coraggio. Parlandone con lui a voce, questa mia speranza si è rafforzata e si è tramutata in un sostegno aperto. La buona candidatura di Mariangela Bastico in Emilia Romagna mi pare già una prima conferma.
E' vero, come ci ricorda saggiamente Arturo Parisi, che di base c'è il rischio che "il chi preceda di troppo il perchè", ma qui non sono in discussione dettagli ma il senso profondo del nostro progetto, e sono questioni ineludibili. Se Franceschini avesse voluto eluderle, poteva fare scelte diverse, ma non le ha fatte: e nella situazione attuale se Franceschini accettasse di eluderle si condannerebbe ad una sicura sconfitta.

Certo, è vero che Franceschini è uno della classe dirigente che lui stesso propone di innovare radicalmente, ed ha avuto una responsabilità di primo piano nel PD di questi primi due anni, come i suoi competitori non mancheranno di ricordargli in questi mesi congressuali.
Dunque, per cambiare completamente gioco possiamo fidarci di uno che si è sempre allenato secondo gli schemi che ora si propone di superare? Solo i fatti sapranno darci una risposta piena, ma voglio ricordare come alcune delle riforme più importanti che ci sono state consegnate dalla storia non sono state promosse da outsider arrivati per caso ma da persone che una volta assurti alla massima responsabilità hanno dimostrato di non essere uguali a tutti quelli che li avevano preceduti.
Per questo spero davvero che Franceschini si riveli come il Gorbaciov del Partito Democratico. Perchè al PD serve molta molta glasnost ed anche una seria e robusta perestrojka!