giovedì 31 luglio 2014

Strani fenomeni nell’informatica sanitaria regionale

Il binomio informatica & sanità continua a provocarmi gioie e dolori. Qualche tempo fa avevo parlato del portale salute.bologna.it, delle idee innovative in esso contenute e dell'importanza di un suo rilancio o comunque delle idee innovative che lo caratterizzano. Successivamente, ho presentato una interrogazione sull'argomento, e in questi giorni ho ricevuto la risposta: gioie e dolori, per l'appunto.

salutesaluter

Leggendo la risposta si scopre che è così argomentata:

  • le idee contenute nel portale salute.bologna.it sono talmente innovative che fin dall'inizio era chiaro che il lavoro necessario per implementarle avrebbe richiesto anni; ciò è vero a tal punto che "nel 2009, all'atto della presentazione pubblica, più che di un prototipo si disponeva di una progettualità molto interessante e potenzialmente in grado di precorrere i tempi, ma ancora pressoché interamente da sviluppare";
  • in questi anni si è lavorato duramente per la "omogeneizzazione ed armonizzazione di banche dati e flussi informativi"; inoltre "le modalità di presa in carico dei cittadini hanno visto la crescita esponenziale dei percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali"; come risultato "gli elementi di debolezza che non hanno consentito finora lo sviluppo della progettualità di salute.bologna.it sono in via di superamento, e il rilancio della sua filosofia comunicativa innovativa è dunque un obiettivo ora maggiormente raggiungibile";
  • ma in realtà "le funzionalità innovative in grado di fornire servizi di informazione diretta ai cittadini su prestazioni e percorsi di cura" sono già "sviluppate con una riuscita efficacia comunicativa fra i servizi di informazione on line presenti fin dal novembre 2006 sul portale www.saluter.it";
  • in particolare si ritiene che la "Guida ai servizi on-line" presente su SalutER "assolva appieno alle esigenze dei cittadini di informazione tempestiva, facilmente accessibile e orientata concretamente a rispondere a uno specifico bisogno di salute" e ciò dimostra che la Regione è attiva su questi temi da anni, "fin da prima dell'ideazione del progetto salute.bologna.it".

Avete letto bene: cinque anni fa erano idee che precorrevano i tempi al punto che solo oggi si può pensare di realizzarle, ma allo stesso tempo era stato tutto già fatto diversi anni prima.

[ironic mode on]

Per non generare allarme, dico subito che nonostante le apparenze non penso che ci troviamo di fronte a fenomeni paranormali inspiegabili né a un paradosso spazio-temporale per la cui spiegazione sia necessario scomodare la relatività generale di Einstein. Oltretutto semmai lo stesso Einstein si presentasse all'assessorato regionale alla Sanità con qualche proposta innovativa delle sue, facilmente otterrebbe la risposta standard "grazie ma lo stiamo già facendo (da anni)" che è una specie di marchio di fabbrica della casa.

[ironic mode off]

I "servizi al cittadino" presenti su SalutER sono sicuramente interessanti e apprezzabili. Trovo particolarmente evoluti quelli elencati sulla destra della pagina (trova medico, paga online) ma anche le tante altre informazioni presenti sono sicuramente utili. La "Guida ai servizi" collegata alla banca dati del numero verde è una ottima idea e un buon servizio, ovviamente coi suoi limiti. Se volete fare una prova, andate sulla pagina e digitate prima "otorino" (risultati: zero), poi "otorinolaringoiatra" (risultati: 1, un ambulatorio a Portomaggiore) e infine "otorinolaringoiatria" (risultati: 226, immagino siano tutti gli ambulatori specifici da Piacenza a Rimini), e chiedetevi cosa può farsene di tutto ciò un cittadino che debba decidere dove farsi visitare.

La filosofia proposta da salute.bologna.it era (è) semplicemente ribaltata: faccio la mia ricerca e mi appaiono tutti i luoghi dove il servizio viene erogato; clicco sul luogo ed ottengo informazioni ulteriori che mi guidano nella scelta; informazioni che comprendono anche dati come i tempi medi di attesa, gli utenti in coda in tempo reale e così via: sui punti di pronto soccorso bolognesi il servizio è operativo già dal 2009, per dire.

Per concludere, tengo buona la prima parte della risposta dell'assessore, quella probabilmente preparata da qualcuno che aveva idea di cosa si stesse parlando, e suggerisco sommessamente che venga invece fornita qualche spiegazione a chi ha invece preparato la seconda parte che ribalta completamente il discorso. A margine noto come questo episodio confermi il mio (già più volte espresso) convincimento che la visione del ruolo dell'information technology nel sistema sanitario sia probabilmente il tallone d'achille del nostro per altri versi ottimo sistema sanitario regionale.

Strani fenomeni nell'informatica sanitaria regionale
Giuseppe Paruolo

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sabato 26 luglio 2014

News del 26 luglio 2014

20140726newsCari tutti, questo mese devo rendervi conto di molte cose: anzitutto l'interruzione della legislatura regionale a seguito delle dimissioni di Vasco Errani; alcune novità sulle inchieste in corso; alcune leggi importanti varate in questo finale anticipato di legislatura, a partire da quelle in cui ho giocato un ruolo. Poi gli aggiornamenti ordinari, e per finire uno sguardo alla campagna elettorale ormai in vista: perdonatemi quindi se sarò un po' più lungo del solito.

Le dimissioni di Vasco Errani e il futuro della Regione

L'8 luglio scorso Vasco Errani è stato condannato in appello sulla vicenda "Terremerse" e dopo pochi minuti ha annunciato che si sarebbe dimesso da ogni incarico. La scelta di dimettersi dimostra grande sensibilità istituzionale ed intelligenza politica, consentendo a lui stesso di difendersi al meglio nel terzo ed ultimo grado di giudizio e alla Regione di andare a nuove elezioni che attraverso una legittimazione democratica restituiscano piena capacità operativa. La formalizzazione delle dimissioni è avvenuta il 23 luglio scorso nell'aula dell'Assemblea Legislativa, al termine di un tour de force per l'approvazione di provvedimenti importanti di cui racconto nel seguito.

Mentre ascoltavo Vasco Errani pronunciare l'ultimo discorso da Presidente si intrecciavano ricordi e pensieri.Ricordi, perché il mio impegno politico è cominciato nel marzo 1999, proprio mentre lui diventava Presidente della Regione, e fa impressione pensare alla stabilità del governo regionale in questi quindici anni al confronto con le tante cose successe nel frattempo (a Bologna, in Italia, nel mondo). Pensieri di gratitudine e orgoglio per i risultati positivi conseguiti dalla nostra Regione, che sarà nostro dovere difendere e migliorare. Pensieri sulla necessità di un cambiamento che non solo è fisiologico dopo un periodo così lungo ma anche urgente alla luce dei mutamenti esterni a noi. Siccome parlare di cambiamento rischia di essere una formula vuota, occorre entrare nel merito come ho provato a fare in questo mio articolo. Di alcuni concetti espressi in quell'articolo avevo avuto modo di parlare proprio con lui e ho percepito in una parte del suo discorso una risposta anche alle cose che ci eravamo detti. Pensieri di rispetto dunque per il suo punto di vista e per quanto fatto fin qui – ad esempio – per superare l'idea di finanziamenti a pioggia per la ricerca. Ma anche pensieri di consapevolezza che è necessario raccogliere la sfida di merito fino in fondo e se vogliamo andare avanti dobbiamo avere la capacità di riconoscere i problemi e di entrarci dentro come una lama affilata per risolverli. Pensieri di preoccupazione infine, perché è ancora tutto da dimostrare che chi succederà a Vasco Errani e a questa classe dirigente sappia essere migliore. Dipende da tutti noi, e speriamo che nel dibattito di questi mesi e nelle primarie per la scelta del candidato presidente ci si possa confrontare nel merito del cambiamento da operare.

L'inchiesta sulle spese dei consiglieri regionali

Le spese dei gruppi consiliari in Regione sono all'attenzione della magistratura: nei giorni scorsi la procura della Corte dei Conti ha cominciato a mandare ai singoli consiglieri "inviti a dedurre" contestando l'inerenza di spese rendicontate nel 2012. Si tratta di rimborsi che sono stati approvati a suo tempo dal comitato di revisori dell'Assemblea Legislativa, ma la procura contabile ha ritenuto di entrare nel merito aprendo procedimenti volti a chiedere la restituzione delle somme contestate. La Regione ha risposto con un ricorso alla Corte Costituzionaleper difendere la propria competenza nella valutazione dell'inerenza delle spese rispetto ai compiti istituzionali. Vale la pena di ricordare che dal 2013 è cambiata la legge regionale e la stessa Corte dei Conti è direttamente coinvolta nel processo di approvazione dei rendiconti, ma qui si sta discutendo del periodo precedente.

Per quanto mi riguarda personalmente, ho sempre cercato di agire con la massima correttezza e sobrietà. Come sapete sono consigliere regionale dal maggio 2012: nel periodo in questione era ancora possibile ad esempio farsi rimborsare ristoranti, alberghi, taxi e autonoleggi, possibilità di cui non ho mai usufruito; ho avuto solo alcuni rimborsi chilometrici (per l'uso della mia auto per motivi di servizio), per libri e quotidiani. Sta di fatto che la procura contabile ha ravvisato sulle spese associate al mio nome un difetto di inerenza relativo a soli 32 euro ritenendo di non procedere data l'esiguità della cifra. Non so ancora di che si tratti, visto che la comunicazione non mi è arrivata direttamente, ma vi terrò informati. Per chi se lo fosse perso, qui c'è un articolo che racconta la vicenda.

La nuova legge elettorale e l'abolizione del listino

Il cosiddetto listino è stato abolito dall'approvazione di una nuova legge elettorale che introduce anche la doppia preferenza di genere e pone il limite di due mandati al Presidente della Regione. Alle prossime elezioni tutti i consiglieri saranno quindi eletti con le preferenze. Non era un risultato scontato, anzi: all'indomani delle dimissioni di Errani sembrava che si volesse procedere solo sulla doppia preferenza di genere rimandando l'abolizione del listino a future occasioni. In quel frangente ho battuto un colpo (lo racconto in questo post) a costo di qualche tensione interna, ma il giorno dopo il PD ha presentato la proposta di legge che è poi arrivata in fondo: alla fine tutto bene quindi.

La legge sull'economia solidale

C'è anche la mia firma sulla nuova legge per la promozione e il sostegno dell'economia solidale. Economia solidale che non è semplicemente la sommatoria delle attività (peraltro lodevoli e da promuovere) portate avanti ad esempio dai gruppi di acquisto solidale, ma implica una riflessione sui valori di fondo dell'economia e della società da cui vale la pena di lasciarsi coinvolgere. Ne parlo meglio in questo post.

Proroga per i direttori delle aziende sanitarie

Forse ricorderete la mia interrogazione di giugno sulle nomine dei direttori delle aziende sanitarie. Su quel tema devo dire che ho apprezzato la scelta fatta dalla Giunta regionale nei giorni scorsi di prorogare per alcuni mesi i direttori in scadenza. La scelta spetterà pertanto alla prossima Giunta che si insedierà dopo le elezioni. Perché però non sia solo una questione di nomi, è utile riflettere fin d'ora sulle modalità e soprattutto sulle sfide e le prospettive che la sanità è chiamata ad affrontare. Sperando che nei prossimi mesi si parli anche di sostanza, su questi temi qui c'è un mio contributo.

Leggi varate in questo finale di mandato

Approvata al termine di un laborioso iter la legge per la promozione e lo sviluppo della cooperazione sociale. Snellimento della burocrazia, facilitazioni ed incentivi alle imprese nella nuova legge sull'attrattività e competitività per la promozione degli investimenti. Varati il documento strategico e il programma operativo regionale sui fondi strutturali europei 2014-2020: quasi due miliardi e mezzo di risorse per migliorare la qualità della vita dei cittadini. Approvato il programma di sviluppo rurale 2014-2020 che finanzierà 10 mila progetti e 29 interventi di formazione e consulenza tecnica (con oltre un miliardo di euro di risorse). Sono inoltre arrivate in porto la nuova legge sulla parità di genere, una legge sulla promozione del cinema e dell'audiovisivo, una legge sulla salvaguardia e valorizzazione dei dialetti, una legge per la promozione della pescaturismo, una legge sull'uso dei farmaci a base di cannabinoidi, la nuova legge sul volontariato.

Altri provvedimenti regionali

Varato il riparto del fondo per la non autosufficienza (oltre 430 milioni). Stanziati 498 milioni per interventi educativi e di aggregazione rivolti ad adolescenti e preadolescenti: al bando (che scade a breve) possono partecipare cooperative sociali, enti privati, oratori e onlus. Un portale informativo e una serie di contributi a sostegno della partecipazione a fiere ed eventi internazionali, con priorità all'Expo di Milano 2015 (domande entro il 12 settembre). Varato il piano aria integrato regionale. Segnalo anche i risultati di uno studio sulle cause della rottura dell'argine del Secchia, causa dell'alluvione nel modenese del gennaio scorso.

Sul fronte finanziario, oltre all'approvazione dell'assestamento di bilancio, segnalo una legge sulle spese dei gruppiche comprende e sistematizza le norme varate fin qui, il rendiconto delle spese dell'Assemblea Legislativa (che evidenzia costi in calo di oltre 4 milioni da inizio legislatura) e il dimezzamento in 5 anni delle consulenze in Regione, il calo dell'Irpef regionale per i redditi medio-bassi.

La digitalizzazione della pubblica amministrazione

Il 1 luglio scorso ho partecipato al convegno "L'azione organizzativa come leva per raggiungere gli obiettivi della digitalizzazione della PA", se qualcuno fosse interessato ad ascoltare ciò che ho detto c'è la registrazione video: i miei due interventi si trovano al capitolo 6 e al capitolo 9 del filmato. Essendo un tema su cui sono competente e che mi sta a cuore, ho detto molto schiettamente ciò che pensavo e se dovete scegliere consiglio di guardare direttamente il secondo intervento.

L'imminente campagna elettorale… help needed :-)

Chi di voi mi segue da più tempo sa che da quando nel 2012 sono diventato consigliere regionale non ho mai mancato un aggiornamento mensile attraverso cui ho costantemente reso conto delle mie attività. Sul sito trovate tutte queste newsletter, che sono già il mio rendiconto di mandato. Nelle prossime settimane il PD varerà la lista dei candidati consiglieri. Io ho già dichiarato la mia disponibilità alla ricandidatura, e l'ampio consenso che sto riscontrando mi induce già a pensare al fondamentale passo successivo: la campagna elettorale.

Naturalmente non mancherò di tenervi informati, ma se ci fosse tra voi qualcuno disponibile non solo a votarmi ma anche a darmi una mano attivamente nella campagna per la raccolta delle preferenze me lo faccia sapererispondendo ad esempio a questa mail. Con costoro stabilirò nei prossimi mesi un regime più intenso di comunicazioni, lasciando a questa newsletter l'abituale natura di rendiconto mensile a servizio di una comunità più ampia.

Un caro saluto e alla prossima,
Giuseppe

News del 26 luglio 2014
Giuseppe Paruolo

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martedì 22 luglio 2014

La nuova legge sull’economia solidale

Fra le tante leggi importanti che hanno visto la luce in questo scorcio conclusivo di legislatura regionale e a cui ho dato anch'io un contributo – oggi ad esempio è stata approvata la legge elettorale che abolisce il listino, ma ne avevo già parlato in questo post – c'è la legge sull'economia solidale, anch'essa approvata nella sessione odierna.

E' singolare per me aver sentito parlare di questa proposta di legge ancor prima di diventare consigliere  regionale, quando un amico impegnato nel Creser mi raccontò di un incontro preparatorio in cui si erano sentiti non pienamente compresi dagli interlocutori politici. Ma il dialogo è andato avanti, e grazie all'impegno degli uni e degli altri e alla dedizione sull'argomento di alcuni colleghi, a cui a un certo punto, arrivato in Regione, ho aggiunto anche il mio piccolo contributo, siamo arrivati in fondo in modo credo decisamente apprezzabile.

La cosa importante di questa legge è che cerca di raccogliere una sfida, che è anzitutto culturale: l'economia solidale non è semplicemente la sommatoria delle attività pratiche (peraltro lodevoli ed utilissime) portate avanti dai gruppi di acquisto solidale o dalle altre iniziative operative che sono già in campo. C'è una riflessione sui valori di fondo dell'economia e della società che mette costruttivamente in discussione alcune certezze sull'economia di mercato che vengono troppo spesso date per scontate. Un pensiero che da un lato produce opere e frutti concreti che sono da far conoscere ed incoraggiare e che dall'altro può diventare spunto e fermento che entra dentro e dà respiro a molto altro che forse dobbiamo provare a costruire insieme. Speriamo che questa legge sia davvero utile in questo senso.

La nuova legge sull'economia solidale
Giuseppe Paruolo

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venerdì 11 luglio 2014

Molto bene, via il listino!

vialistinoLa presentazione del progetto di legge regionale che elimina il "listino" del Presidente ed introduce la doppia preferenza di genere ed altre modifiche è un passo importante compiuto oggi dal Partito Democratico insieme ad altre forze politiche della maggioranza. Credo sia il modo giusto per interpretare quel cambiamento che siamo chiamati a portare avanti nella pur non semplice situazione attuale.

La scelta di Vasco Errani di dimettersi dopo la sentenza che lo ha riguardato dimostra alto senso delle istituzioni ed intelligenza politica, consentendo a lui di difendersi al meglio nel terzo grado di giudizio e alla Regione Emilia Romagna di ripartire con una piena legittimazione democratica.

Ora tocca a tutti noi completare al meglio questo mandato amministrativo e poi andare alle nuove elezioni con un progetto che sappia valorizzare quanto di buono si è fatto sin qui ma anche e soprattutto dimostrare la capacità di migliorare dove si può e si deve cambiare.

L'abolizione del listino è un bel passo nella direzione giusta. E per sapere come io la pensassi sul punto, basta rileggere il mio tweet di ieri. :-)

Molto bene, via il listino!
Giuseppe Paruolo

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giovedì 3 luglio 2014

Quale futuro per la nostra Regione?

regioneArticolo pubblicato sul numero 46 (estate 2014) de Il Mosaico.

Nel marzo del 1999, proprio mentre io muovevo i primi passi sulla scena politica candidandomi come assoluto outsider alle primarie bolognesi per il candidato sindaco (insieme e grazie agli amici de Il Mosaico), Vasco Errani diventava Presidente della Regione Emilia-Romagna.

Da allora sono passati 15 anni, nello scenario politico bolognese se ne sono viste di tutti i colori, ma fra tante cose che sono cambiate spicca la continuità della presidenza regionale. Un ciclo importante, quello guidato da Errani, che ora si avvia alla conclusione: la riflessione e il dibattito dei prossimi mesi sarà inevitabilmente incentrato sul futuro – e sulla guida futura – della nostra Regione.

Sui giornali, come al solito, la questione coinvolge soprattutto categorie politicistiche. Il nuovo presidente sarà renziano? Nel caso sarà della prima, seconda o terza ora? E quanto peseranno sulla scelta i maggiorenti, vecchi e nuovi, del Partito(ne) Democratico?

In verità, qualche questione sostanziale viene evocata. A Bologna si critica la stagione del policentrismo e si richiede un rilancio della centralità di Bologna. Altrove invece permane un'avversione al (soprattutto presunto) centralismo bolognese, con ragionamenti della serie "Bologna si tenga stretta la città metropolitana, che al resto pensiamo noi". Un combinato disposto che rischia addirittura di riportarci indietro, a contrapposizioni che hanno poco senso. Invece occorre cogliere che è necessario evitare inutili (e spesso dannosi) duplicati, con una razionalizzazione capace di dare ruolo certamente al capoluogo ma anche ai diversi territori, e soprattutto cogliendo che oggi è fondamentale ragionare "in grande", ovvero su scala almeno regionale.

E' certamente il merito delle questioni che va privilegiato. Certo mettendo in valore le tante cose buone realizzate in questo lungo ciclo che volge al termine, ma al tempo stesso senza rinunciare a individuare gli aspetti su cui occorre produrre una svolta o un rilancio dell'azione amministrativa regionale. Tradotto in gergo renziano, occorre declinare come si #cambiaverso in Regione Emilia Romagna.

Al di là delle parole d'ordine, perché la riflessione sia di respiro adeguato, serve interrogarsi su quello che possiamo chiamare "sistema Emilia-Romagna" e su come esso si sia modificato dalla fine del secolo scorso ai giorni nostri.

La parola "sistema" porta con sé due connotazioni: una positiva che ci parla di forte coesione, di continuità di impegno, di capacità di cooperazione fra attori e istituzioni diverse; una negativa che implica staticità e sostanziale immutabilità nei meccanismi decisionali.

Proprio partendo dagli aspetti positivi, non possiamo non riconoscere che il sistema Emilia-Romagna è messo in discussione da alcuni importanti mutamenti avvenuti o maturati in questi anni.

Quattro motivi per cambiare rotta

Per prima una considerazione generazionale. Il processo di costruzione della Regione, avvenuto negli anni '70, ha visto crescere e consolidarsi l'Ente, spesso con l'afflusso di giovani entusiasti che si sono sentiti coinvolti in una esperienza innovativa. Questa generazione, che per anni è stata in ruoli dirigenziali o comunque di riferimento, è a questo punto andata definitivamente in pensione.

Secondo, il retroterra politico è profondamente mutato. Negli anni in cui è andata formandosi la Regione c'era il PCI, un partito con oltre 400 mila iscritti (448 mila nel 1977), e la cui forte strutturazione ha innervato non solo la politica ma anche molti ruoli e settori intorno ad essa. Oggi quell'onda lunga è ormai esaurita, e il PD (nel bene e nel male) è un'altra cosa e su questo è profondamente diverso. Qualcuno forse pensa ancora di conservare la punta dell'iceberg senza più l'iceberg sotto, ma è invece chiaro che occorre rivedere completamente meccanismi e processi di formazione delle carriere e delle decisioni.

Terzo, mancano le scuole, nel senso di percorsi di formazioni del personale dirigente (politico e non). Non so spiegare perché, ma è un fatto: in passato c'erano, oggi mancano. Per esempio, molti dei dirigenti sanitari di cui si avvale il nostro sistema sanitario (uno dei fiori all'occhiello della nostra Regione) vengono dalla scuola di Mario Zanetti. A 14 anni dalla sua scomparsa, e nonostante lodevolissimi tentativi, non si può dire che si sia riusciti a creare qualcosa di paragonabile, e anche i suoi allievi di un tempo hanno ormai cominciato ad andare in pensione.

Quarto, in passato forse bastava ascoltare e mettersi in relazione col mondo accademico da un lato e con il tessuto economico e imprenditoriale dall'altro. La relazione politica – accademia – economia in Emilia Romagna dava vita ad un tessuto estremamente ricco, solido e competitivo di aziende medie e piccole, in cui la politica poteva limitarsi a fare da facilitatore. Ora quel ruolo non basta più.

Nella competizione globalizzata di oggi, quel tessuto soffre, le dimensioni medie e piccole sovente non bastano più, e anche se riesce a mantenere competitività in alcuni comparti di certo non è più in grado di esercitare una funzione di guida; il mondo accademico ha i suoi problemi e comunque è analogamente frammentato; alla politica viene richiesta una funzione di guida che non sempre appare in grado di esercitare adeguatamente.

In questo quadro si corrono dei rischi. La capacità di aggregazione rischia di tradursi in distribuzione di fondi a pioggia, che risultano infine insufficienti per fare i salti di qualità necessari. L'affidarsi soltanto alla condivisione delle strategie con gli attori locali rischia di limitare l'ampiezza della visione, e spesso la crisi dei comparti industriali o delle manifestazioni fieristiche è proprio insita nella mancanza di una visione più ampia di quella rappresentata localmente. Il legame col territorio rischia di tradursi nell'attenzione solo a ciò che è fisicamente tangibile, spesso soprattutto dal punto di vista edilizio, a scapito di ciò che non è immediatamente traducibile in metri quadri.

Di fronte a queste sfide, una classe politica abituata a governare sulla base delle idee migliori del tessuto che le stava attorno andrebbe in crisi comunque, anche se non fosse essa stessa da troppo tempo abituata ad una selezione interna più disposta a premiare le appartenenze che il merito. Figuriamoci poi se si sommano i due fenomeni…

Nell'approcciare il futuro della nostra Regione, credo che dovremo pensarla come a una grande (e bella) nave. Una nave possente, costruita in tempi ormai remoti, e mantenuta efficiente da una attività di manutenzione che le ha garantito una quasi sempre buona navigazione. Ma nel ringraziare chi ci ha portato sin qui, non possiamo raccontarci che basta ancora limitarsi a stringere meglio i bulloni ed oliare gli ingranaggi per continuare ad affrontare il mare in tempesta che ci attende. Serve invece una profonda rivisitazione strutturale e una metodologia nuova di navigazione. Se saremo in grado di concepirla e di metterla in campo, potremo dirci all'altezza dei nostri padri. In caso contrario, temo che saranno i nostri figli a non giudicarci all'altezza.

Giuseppe Paruolo

Quale futuro per la nostra Regione?
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mercoledì 2 luglio 2014

Quale buona svolta sul welfare

Intervento al seminario di BoDem "Per una buona svolta anche in Emilia-Romagna" di giovedì 26 giugno 2014.

Sul sistema di welfare l'Italia ha compiuto passi importanti: il diritto alle cure, l'universalismo delle prestazioni sanitarie, l'accesso all'istruzione, l'assistenza sociale sono conquiste da difendere e migliorare.

Su queste conquiste la regione Emilia Romagna ha giocato un ruolo spesso di sperimentazione e di punta. Basti pensare – solo per citare alcuni aspetti – alla copertura di posti nella scuola d'infanzia e negli asili nido, la previsione di un fondo regionale per la non autosufficienza, l'istituzione delle conferenze territoriali socio-sanitarie (con un coinvolgimento dei sindaci in controtendenza alla totale delega – a volte di fatto anche sulle politiche – alle aziende sanitarie), alla difesa del principio di universalità delle cure senza prevedere voucher (come altre regioni) su particolari patologie complesse, la capacità di garantire i LEA (livelli essenziali assistenza) e andare anche oltre.

La consapevolezza di tutto questo non deve però impedirci di cogliere le criticità presenti e soprattutto di comprendere che le sfide poste dal futuro richiedono una capacità di innovazione non inferiore a quella dimostrata in passato e sicuramente maggiore di quella mostrata ultimamente.

Qualche dato per ricordarci alcune sfide del futuro, poi alcuni esempi di auspicabile innovazione.

Le sfide del futuro

Da qui al 2030 la popolazione in età scolare è destinata ad un forte aumento: limitato nei nidi e nelle scuole d'infanzia (+6% rispetto al 2010), molto più accentuato alle elementari (+13%) e ancor più alle medie (+24%).

In Emilia Romagna il oltre il 13% dei giovani non studia, non lavora e non cerca lavoro (in Italia 21%), il 15% abbandona la scuola superiore prima del diploma (obiettivo Europa 2020: 10%), il 22% si laurea (obiettivo Europa 2020: 40%).

Aumentano (2030 rispetto al 2010) del 30% i giovani anziani (65-75 anni) e molto di più i grandi anziani: la fascia degli over 85 aumenterà del 60%.

In Emilia Romagna i cittadini stranieri (dato 2011) erano poco meno del 12% dei residenti (la percentuale più alta in Italia), con una età media di 32 anni contro 45 degli italiani, 40 mila nuovi nati ogni anno hanno almeno un genitore straniero. I minori in carico ai servizi sociali sono poco meno dell'8% di tutti i minori; fra essi la percentuale degli stranieri è il 46%.

Il tasso di povertà in Regione è del 5% (quasi 13% in Italia), le famiglie in stato di deprivazione materiale sono il 13% (in Italia 22%). L'8% delle famiglie è composto da un solo genitore con figli.

Il rapporto fra pubblico e privato

La sfida è garantire la centralità del servizio pubblico in un contesto che sia davvero consapevole che "pubblico" è un aggettivo che attiene alla sostanza e alle caratteristiche del servizio reso nei confronti di chi ne usufruisce, garantito da un sistema di regole e di governance e non dalla natura del contratto di lavoro degli operatori coinvolti.

Non possiamo non vedere che vi sono segnali di confusione su tutto questo fronte, e che "sussidiarietà" è una parola spesso evocata ma a cui vengono di volta in volta attribuiti significati diversi, con un evidente rischio di frammentazione e di perdita di un senso complessivo della missione. Senza entrare nello specifico delle diverse questioni cito solo alcuni temi:

  • nella nostra Regione vi sono Comuni che offrono il servizio pubblico delle scuole materne senza mettere in campo un solo posto comunale e senza conflittualità mentre il Comune che in assoluto offre più copertura di posti comunali (Bologna, con oltre il 60%) è stato attaccato perché farebbe ancora troppo poco;

  • nel territorio della provincia di Bologna una fetta importante dell'assistenza oncologica domiciliare è delegata al privato sociale (ANT), mentre se ci spostiamo di pochi km e andiamo a Modena questa stessa realtà non viene evidentemente considerata un partner attendibile;

  • l'approccio con la sanità privata in passato aveva sostanzialmente coinvolto questo comparto nella pianificazione regionale, nell'ipotesi che qui da noi – a differenza della Lombardia – il comparto privato potesse essere visto come un puro sottoinsieme del sistema pubblico; ora questo approccio sta mostrando la corda e la soluzione non può essere fra Lombardia e autarchia: servono piuttosto procedure che consentano integrazione dei servizi flessibile e con piena garanzia degli utenti;

  • su molti temi il coinvolgimento del volontariato è essenziale, ma sovente viene invece considerato residuale; si fanno delle cose senza una visione di insieme, ed oltre ai contraccolpi dovuti all'eccesso (per così dire) di pragmaticità (si pensi alla mega multa all'Auser) è un peccato che manchi un coinvolgimento organico ed una capacità di progettazione su tematiche fondamentali come ad esempio l'assistenza agli anziani e alle persone non autosufficienti;

  • più in generale privato sociale, cooperative sociali e tutte le realtà intermedie fra pubblico a gestione pubblica e privato a gestione private sono promosse da leggi specifiche e spesso ignorate dal vasto insieme regolatorio e applicativo non direttamente coinvolto nella promozione di quel comparto specifico.

Sono esempi (non esaustivi) che mostrano la necessità e l'opportunità di una riflessione compiuta capace di operare un taglio netto sia con derive vetero-stataliste che pure di privatizzazione strisciante che paiono annidarsi non solo fra i nostri alleati politici ma a volte anche fra le nostre fila. Come per andare in bicicletta, serve un progetto forte per cui pedalare per evitare di cadere in uno dei due rischi opposti e sbagliati.

Le nomine della dirigenza (e non solo)

E' evidente il ruolo molto forte delle aziende sanitarie in sanità ed in generale delle strutture tecniche, cui viene interamente demandata l'implementazione delle politiche. A volte la sensazione è che venga delegata ad esse anche una buona parte della definizione delle stesse politiche, ma questo è un argomento che afferisce alla debolezza della politica che ci porterebbe lontano. In ogni caso, la scelta dei ruoli di dirigenza apicale è cruciale sia di per sé sia perché a cascata vengono determinate le scelte dirigenziali di rango inferiore fino a coinvolgere l'intero insieme degli operatori.

Nei giorni scorsi ho presentato una interrogazione sulle procedure di nomina dei direttori delle aziende sanitarie. E' chiaro che non esistono bacchette magiche, né si può pensare che sia solo questione di metodologia. Nondimeno, occorre riflettere e mettersi in discussione, tenere alta l'attenzione non solo nel momento delle nomine ma anche in sede di valutazione dei risultati, senza rinunciare a sperimentare modi diversi ed innovativi di affrontare il tema.

Mi è parso un modo per stimolare una riflessione (come dire?) evolutiva. Sul punto sono convinto che chi ha operato finora lo abbia fatto in piena legittimità cercando di ottenere la migliore riuscita (con non trascurabili risultati che vanno pienamente riconosciuti), ma dopo un così lungo periodo è difficile sfuggire ad una sensazione di staticità in quel campo così strategico. Una staticità che naturalmente parte dai vertici e si propaga giù per li rami fino a coinvolgere l'intero sistema.

Allora siamo sicuri che l'unico modo possibile sia quello di prendere atto di una delibera di Giunta? Che non ci sia uno spazio per una discussione preventiva su criteri e priorità? Che non possa esserci una fase di vaglio dei curricula che sia in qualche misura tracciabile? Che non si possano prevedere procedure di verifica non rituali o affidate alla valutazione di parametri con elementi di oggettività?

Che questa sia una riflessione da fare mi pare che sia confermato dal fatto che tanti di coloro che ne sono venuti a conoscenza (cosa già di per sè singolare, visto che i giornali non ne avevano parlato) mi stanno in questi giorni incoraggiando a non lasciar cadere la questione.

Il ruolo dell'innovazione tecnologica in campo socio-sanitario

Tutti parlano di innovazione tecnologica, pochi ne comprendono appieno le implicazioni, molti sono convinti che sia solo questione di tempo e l'innovazione comunque arriverà. E' un errore grave, perché vi sono scelte che possono orientare una evoluzione in un senso o in un altro, e senza visione ci si consegna mani e piedi a quel mix di caso e di mercato che ha caratterizzato ad esempio alcune "non scelte" tecnologiche italiane (vedi ad esempio la telefonia cellulare).

La sanità emiliano romagnola è all'avanguardia, ma non lo è certo nel settore dell'information technology. Il fatto che parlare di IT faccia immediatamente pensare ai CED delle aziende sanitarie è di solito la spia migliore che permane una visione di puro supporto funzionale alla strategia clinica e alle politiche sanitarie esistenti (viste in questo caso come indipendenti dall'innovazione). In definitiva una visione arretrata e che non coglie gli enormi spazi di miglioramento (e di risparmio) sottesi a questo argomento. Se poi a questo si aggiunge la parcellizazione fra le aziende e la mancanza di una visione e delle indispensabili sinergie di livello regionale il quadro è completo.

Per dare un'idea precisa di ciò a cui mi riferisco faccio un esempio.

Le attuali campagne di screening rivolte a tutta la popolazione di una certa età e genere non possono essere facilmente estese ad altre patologie. Per questo occorre cominciare a sperimentare, da subito, campagne mirate a sottoinsiemi specifici di popolazione sulla base di analisi della grande mole di dati di cui già disponiamo (analisi del sangue, riscontri clinici, familiarità con pazienti e così via). L'idea di fondo è quella di non selezionare i destinatari solo sulla base dei dati anagrafici, ma di considerare altri parametri (clinici e non) per affinare il target di popolazione da coinvolgere, per non parlare delle possibili implicazioni delle analisi genetiche. In questo modo ci si rivolgerebbe ad insiemi mirati di popolazione con costi più bassi e riscontri più puntuali.

Bisognerebbe operare in stretta cooperazione coi medici di medicina generale, a cui fornire strumenti raffinati di supporto alle decisioni (attenzione perché il tal paziente ha un rischio maggiore di altri rispetto ad una certa patologia) che suggerimenti operativi (stai prescrivendo gli esami del sangue ad un tuo paziente, il sistema ti suggerisce di aggiungere anche un ulteriore test che magari manca da tempo), e con tutte le dovute attenzioni all'aspetto della privacy.

Il futuro passa anche da qui, dalla capacità di giungere a diagnosi precoci in tanti campi, con una medicina d'iniziativa in cui è il medico a cercare il paziente invece che viceversa. Per esempio gli esami di laboratorio che consentirebbero di avere indicazioni sull'insorgenza dell'insufficienza renale costano pochi euro, mentre i vantaggi che deriverebbero dalla diagnosi precoce di questa patologia (anni in meno di dialisi) sarebbero enormi, sia per la qualità della vita dei pazienti che per il risparmio per il sistema sanitario (un anno di dialisi per una persona costa oltre 50 mila euro).

Quale buona svolta sul welfare
Giuseppe Paruolo

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