venerdì 24 maggio 2013

News del 23 maggio 2013


20130523newsCari tutti, comincio ringraziandovi per l'attenzione che mostrate nel leggere e sovente rispondere alle notizie che vi mando periodicamente: è ormai un anno che sono consigliere regionale, e voi siete il mio primo riferimento.

Terremoto, un anno dopo

E' passato un anno dal sisma che ha colpito l'Emilia: da allora molto si è fatto, ma c'è ancora tanto da lavorare. Qui c'è un video sulla ricostruzione.

Più equità nei ticket sanitari

Nell'estate del 2011 furono introdotti nuovi ticket sanitari, in Emilia Romagna basati su fasce di reddito familiare: un passo avanti rispetto ai ticket uguali per tutti varati dall'allora governo Berlusconi, ma con un problema di equità nei confronti delle famiglie e ancor di più delle famiglie numerose. Dopo aver atteso invano che il governo Monti ci mettesse mano, e dopo aver studiato con attenzione la questione, credo sia giunto il momento di rivedere il meccanismo delle fasce, introducendo un quoziente correttivo per tener conto della numerosità del nucleo familiare. Sono partito chiedendo dati e ponendo il tema in una interrogazione e qui ci sono i dettagli sulla mia linea di ragionamento.

Il referendum bolognese contro le materne paritarie private

Come non condividere la preoccupazione per lo stato in cui versa la nostra scuola? Ma come sono pronto a combattere per difendere (tutta) la scuola pubblica così ritengo sia profondamente sbagliato un referendum che individua il nemico nelle scuole d'infanzia paritarie a gestione privata, e che pone sul banco degli imputati il Comune di Bologna, ossia quello col più alto tasso di materne comunali d'Italia (61% dei posti). Con le convenzioni il Comune pianifica e controlla scuole d'infanzia che coprono il 21% dei posti disponibili con una spesa comunale inferiore al 3% del budget per tutte le scuole materne del servizio pubblico integrato. In questo post spiego le ragioni profonde della mia scelta di sostenere l'opzione B: lo faccio col cuore e con amicizia anche per gli amici che la pensano diversamente, sperando di condividere in futuro battaglie più costruttive ed inclusive. Per i bolognesi che votano segnalo anche le informazioni sul sito comunale e gli appelli dei comitati Zamagni e Sedioli.

Screening mirati e futuro della sanità

Qui c'è un mio intervento sulla direzione che credo sia da seguire per promuovere una medicina d'iniziativa che usi appieno il patrimonio informativo di cui in gran parte già disponiamo e che purtroppo utilizziamo pochissimo. Perchè? C'è una mancanza di visione sull'utilizzo delle nuove tecnologie in sanità, e se da un lato sono contento del fatto che la nostra sanità sia buona e quadrino i conti, dall'altro penso che si potrebbe fare un salto di qualità e risparmiare risorse mettendo in campo una visione ed una capacità di innovazione più alta.

Attività in Regione

Fra i temi che ho seguito direttamente voglio segnalare un importante chiarimento sul ruolo dei fisici sanitari all'interno del sistema sanitario, che ho ottenuto dalla Regione con una interrogazione.
Non altrettanto buona la risposta che ho ricevuto sui contrassegni per la mobilità delle persone con disabilità. La Giunta conferma che da tempo c'è il progetto di condividere le banche dati (per evitare di dover segnalare ai vigili ogni volta la presenza in una città diversa dalla propria) ma ancora non è pronto il risultato da mettere in esercizio: io dico che bisogna accelerare.
Ho firmato risoluzioni, insieme a colleghi, per la dichiarazione di evento calamitoso con rimborsi per i danni causati dalla tromba d'aria del 3 maggio scorso; per lo stato di emergenza con rimborsi ai colpiti da fenomeni di dissesto idrogeologico causati in Appennino dalle piogge e dal disgelo; per il sostegno alle iniziative contro la violenza alle donne; per la solidarietà ai lavoratori dell'Unità.
E' stata approvata nei giorni scorsi una legge sul commercio ambulante. E' in fase di discussione una legge sul gioco d'azzardo.
Infine, è partita una fase di ascolto in relazione ad una proposta di legge sulla cooperazione sociale, e tutti gli interessati sono invitati a partecipare all'incontro che terremo il 3 giugno prossimo i cui dettagli trovate qui.
Un caro saluto e alla prossima,
Giuseppe
News del 23 maggio 2013 Giuseppe Paruolo

mercoledì 22 maggio 2013

Più equità nei ticket sanitari


Fra le misure d'emergenza assunte nell'estate 2011, il governo Berlusconi varò anche quella sui ticket sanitari. In quell'occasione la Regione Emilia Romagna si rifiutò di applicare i ticket governativi (uguali per tutti) e nell'ottica di una maggiore equità li modulò  secondo un criterio progressivo basato sull'identificazione di tre fasce di reddito.
Subito emerse però il fatto che, pur migliorando il provvedimento nazionale, la strada scelta dalla regione presentava qualche criticità: il meccanismo delle fasce di reddito penalizza infatti le famiglie, e in particolare le famiglie numerose. Conscia del problema, la Regione dichiarò l'intenzione di rivedere successivamente il provvedimento per giungere all'uso di strumenti di calcolo più equi.
In realtà il problema dell'equità nei confronti delle famiglie è una criticità presente da tempo in tutti i provvedimenti nazionali istituenti ticket e compartecipazione alle spese sanitarie, che prendono come unico parametro di riferimento il reddito lordo fiscale familiare così come previsto dal D.M. 22 gennaio 1993. Siamo quindi in presenza di una ingiusta penalizzazione delle famiglie che dura da 20 anni, e credo sia giunta l'ora di correggerla.
Fra le varie opzioni possibili per mettere mano alla questione, io credo che la strada migliore sia quella di inserire un semplice correttivo basato sul numero dei componenti del nucleo familiare. E' una strada che appare percorribile dal punto di vista procedurale; nelle competenze regionali dal punto di vista regolatorio; idonea a garantire una maggiore equità nei confronti delle famiglie; e soprattutto di semplicissima applicazione.
La semplicità è importante, e dunque eviterei di considerare l'ISEE, che comporterebbe uno sforzo enorme solo per effettuare i calcoli da parte di milioni di contribuenti: qui parliamo comunque di un servizio di cui usufruiscono tutti i cittadini (e dunque anche tutti i componenti del nucleo familiare, non uno soltanto come nel caso di un figlio al nido per esempio).
Ai tempi del governo Monti, il ministro Balduzzi aveva ipotizzato di rivedere tutta la materia, mettendo sul tappeto anche ipotesi ambiziose di riforma. La Regione ha atteso per lungo tempo quella riforma, che però è finita in niente. Ora, mi auguro che il nuovo governo possa metterci mano, ma se posso dare un consiglio a Enrico Letta è quello di seguire la strada della semplicità, quella stessa che vorrei seguisse la Regione Emilia Romagna correggendo finalmente il proprio provvedimento.
Anche perché, se il governo non riuscirà a disinnescare la mina, c'è un ulteriore aumento dei ticket sanitari che ci attende per l'inizio del 2014. Ci batteremo per cercare di evitarli, ma vediamo anche di fare in modo che quelli che ci sono siano definiti in modo equo. A livello regionale, questo è il senso dell'interrogazione che ho presentato nei giorni scorsi, chiedendo anche di conoscere il gettito del 2012 e come esso si è composto in relazione alle fasce di reddito e ai criteri di cui stiamo discutendo.
Più equità nei ticket sanitari Giuseppe Paruolo

lunedì 20 maggio 2013

È un referendum che vuole farci tornare indietro


Siccome parliamo di scuola pubblica, dico subito che io ho frequentato scuole statali. Ricordo le scuole medie, si chiamavano Graziano, erano in via Lombardia dove ora ci sono i vigili e la scuola di pace. Nonostante parecchi bravi insegnanti cui sono tuttora grato, non godevano di una buona fama: la zona era problematica e, solo per dare l'idea, ricordo ad esempio che in quegli anni un cinno di prima media accoltellò un bidello a scuola. Quando arrivai al liceo (Fermi) il primo giorno di scuola una prof ci passò in rassegna, con entusiasmo calante: chi veniva dalle Rolandino, chi dalle Pepoli, chi dalle Farini e così via fino ad arrivare alle Guercino e qui il suo entusiasmo era ormai spento; ma quando imparò che in due venivamo dalle Graziano la prof fece un passo indietro ed ebbe un visibile fremito di paura.
Non so se è solo una mia sensazione, ma questi referendari non mi paiono equamente distribuiti in città: mi sembra che ce ne siano di meno nelle periferie popolari, tipo San Donato o zona Barca, e di più nei quartieri buoni tipo Santo Stefano. Chissà perché, ma se penso ai referendari mi vengono in mente immagini di mamme firmate, di professionisti affermati, di gente che è di sinistra più per vezzo che per necessità, per non parlare di attori e cantanti, intellettuali e personaggi vari, tutti benestanti quando non ricchissimi, che vengono a spiegare a Bologna cosa vuol dire scuola pubblica. Lo vengono a spiegare a me, che sono un convinto sostenitore della scuola pubblica pur avendo frequentato – o forse proprio per quello – scuole molto lontane dalle scuole-bene dei loro figli. Magari mi sbaglio, ma mi piacerebbe trovare sul fronte referendario qualcuno che come me ha fatto le Graziano, per poterlo guardare negli occhi e trovare insieme un modo per risolvere i problemi, senza bisogno di questa guerra fra poveri, sbagliata e pericolosa.
Ho vari amici nel fronte che voterà A, persone con cui continueremo a volerci bene e a rispettarci anche se sul referendum sosteniamo scelte diverse. Ma qui c'è davvero bisogno di parlare chiaro, vincendo la tentazione dei tanti tartufi che preferiscono defilarsi per schivare le bruciature. Perché in questa partita c'è molto in gioco: anzitutto i diritti dei nostri bambini ma anche il modo di intendere il riformismo, il concetto stesso di pubblico, il futuro di questa nostra città.
Quando andavo a scuola io c'era la guerra fredda, la DC governava l'Italia e il PCI governava Bologna: nelle scuole le cose non erano semplici e certi argomenti si preferiva evitarli. A Natale in casa mi parlavano di Gesù, a scuola solo di Babbo Natale. A casa c'era il presepe, a scuola l'albero. Mondi separati, una cosa non piacevole. Crescendo, ecco la traduzione politica: o stavi con la sinistra o con il centro (la destra allora era fuori gioco), che poi voleva dire con il PCI o con la DC. Neanche questa alternativa mi piaceva e per questo, dopo aver fatto politica ai tempi del liceo, non feci scelte di partito e mi occupai d'altro.
Poi cadde il muro di Berlino: l'apertura di prospettive prima impensabili, la caduta di steccati che c'erano da prima che nascessi, un'Italia pronta a girare pagina, sciogliendo il blocco che l'aveva ingessata per decenni e passando ad una democrazia dell'alternanza capace di rimettere al centro il bene comune e il merito delle questioni. Ora sappiamo che non tutto quello che speravamo allora è poi successo, ma qualche passo avanti c'è stato. Alla recita di Natale nelle scuole delle mie figlie (materna comunale prima ed elementare statale poi) comparvero tracce anche del Natale cristiano: nel modo giusto, spiegando che c'è chi crede e chi no (o chi crede cose diverse) ma coinvolgente per tutti sotto l'aspetto culturale. Un segno della fine degli steccati, la speranza di un mondo migliore, attento ed inclusivo, laico nel modo giusto. Alla prima recita in cui accadde fui ricordo che fui sopraffatto dalla commozione.
In politica, la stagione dell'Ulivo apriva uno spazio anche per chi come me era cattolico e di sinistra, senza essere costretto a scegliere a quale dei due aspetti rinunciare. Consentiva di mettere mano a nuove soluzioni, facendo sintesi e proiettandosi nel futuro. Di tenere conto dell'emergere del terzo settore, valorizzando volontariato, associazionismo, no profit. Di uscire dalla contrapposizione fra privatizzazione e statalizzazione, affermando il primato dell'operato sulle etichette, ovvero dove pubblico si definisce sul servizio fornito e non sulla titolarità della gestione. Il sistema scolastico pubblico integrato è questo: la scommessa che contributi diversi possano costruire un quadro d'insieme in cui riusciamo a riconoscerci tutti. Rigorosamente sotto la guida delle istituzioni pubbliche, e senza che ciò possa essere un alibi per il disimpegno di alcuno. E non possono esserci dubbi sul fatto che Bologna abbia le carte in regola sulle scuole materne, gestendo direttamente come Comune la percentuale più alta d'Italia di materne comunali.
E ora ci troviamo questo referendum, sostenuto da argomenti contraddittori e fuorvianti, che si dice a favore della scuola pubblica ma in verità è contro le materne paritarie, che invoca il rispetto della Costituzione che non solo dice una cosa diversa, ma che se fosse da interpretare come dicono loro metterebbe fuori gioco anche le materne comunali (anch'esse paritarie), un referendum che dice di reagire ai tagli della Gelmini ma invece di rivolgersi allo Stato – come eventualmente dovrebbe essere – se la prende con la città che ha in assoluto il tasso più alto di materne comunali. Un referendum i cui sostenitori riescono a dire che ci sono oltre 400 bimbi rimasti fuori dalle materne comunali e contemporaneamente a sostenere che gli oltre 1700 bambini che frequentano le paritarie private sicuramente continuerebbero a farlo anche aumentando loro la retta di 600 euro (l'effetto del taglio del contributo comunale). Come se quei 400 bambini rimasti fuori dalle comunali (gratuite) non fossero tutti o quasi ricompresi nei 1700 che frequentano le convenzionate (con retta calmierata dal contributo in questione), per non dire di altri che verrebbero messi fuori gioco dall'aumento della retta o che comunque chiederebbero di aggiungersi. Nelle comunali col milione tolto alle paritarie nelle comunali si darebbe posto solo a 150 bambini. E' talmente evidente che la situazione sarebbe insostenibile che perfino loro dicono che si tratta di un segnale. Peccato che sia un segnale sbagliato.
Ma il peggio non è la fragilità degli argomenti o i numeri fasulli con cui viene sostenuto il referendum. Non è il quesito, talmente fuorviante che se fosse uno spot pubblicitario lo si potrebbe accusare di pubblicità ingannevole. Non è lo spettacolo indecoroso di partiti come SEL e M5S che cavalcano la protesta senza curarsi del fatto che i loro sindaci, dove governano, si basano sulle paritarie private molto più di quanto non faccia Bologna.
Il peggio è che è una battaglia per farci tornare indietro, per rialzare gli steccati di un tempo. A me fa lo stesso effetto che mi farebbe vedere una manifestazione in Germania che reclamasse di tornare alla divisione fra Germania Est e Germania Ovest.
Ecco spiegata l'insistenza sul fatto che le materne convenzionate sono quasi tutte cattoliche; la centralità dell'UAAR nel comitato promotore del referendum; l'entusiasmo dei nostalgici delle contrapposizioni del tempo che fu, come il segretario del PRC Ferrero che ha accusato il sindaco Merola addirittura di voto di scambio, e sul fronte opposto l'adesione all'opzione A dei gruppi legati a Casa Pound; la rivendicazione di una separazione netta che neghi alle materne paritarie private la definizione di servizio pubblico; la pretesa che i genitori che hanno figli in queste scuole paghino rette ancora più alte, restino là senza pretendere di accedere alla comunale gratuita (pena il collasso del sistema) e soprattutto non si lamentino del fatto che le tasse che loro pagano non vengano usate nemmeno in minima parte per tener conto delle loro scelte educative; il non tenere in nessun conto che c'è una bella differenza fra profit e no-profit, che si potrebbe ragionare di allargare e non di restringere, che le convenzioni sono anche un modo per imporre controlli e verifiche che altrimenti sarebbero molto più complicate: tutto viene sacrificato per schiacciare ogni espressione di diversità sotto l'appellativo – da pronunciare con un certo disgusto – di "privato".
La crisi della politica è sotto i nostri occhi: vale per il Partito Democratico, che è lontano dall'aver realizzato ciò gli elettori e la storia gli chiedevano; vale per il centrodestra, dove la lunga stagione di Berlusconi ha impedito la messa a punto di idee e la strutturazione di un campo di forze conservatrici di stampo europeo. Siccome tutto questo avviene in mezzo ad una crisi in cui lavoro, pensioni, sicurezza sociale sono messe a repentaglio è chiaro che si apre uno spazio grande per il disagio e per la rabbia. E quando vai a scuola di tuo figlio e ti chiedono di portare da casa anche la carta igienica, è naturale, anzi forse è giusto, che ti venga voglia di urlare che così non si può andare avanti.
La battaglia a favore della scuola pubblica possiamo e dobbiamo farla insieme. Io ci sono. C'è il Comune di Bologna, che fa più di ogni altro Comune col suo 60% di posti nelle materne comunali. Ma questo referendum serve a distruggere e non a costruire, e ai tanti che in buona fede credono che serva a difendere la scuola pubblica dico attenti, pensateci bene: la vostra indignazione viene usata per farci tornare indietro. Questo referendum è una crociata che vuole dividere culture, idee e persone che si stavano incontrando nel nome del futuro. E le crociate possono essere molto pericolose.
E' un bene che si sia mosso il Partito Democratico, a fianco del sindaco Merola per difendere i diritti dei bambini e la nostra idea di futuro: spero sia l'occasione per riprendere un filo interrotto, di comprendere che abbiamo cose buone da difendere e un futuro che ci chiama a fare molto di più e molto meglio. Nel sostenere l'opzione B siamo in compagnia anche di altri, perché la buona politica prevede che maggioranza e opposizione possano incontrarsi su valori condivisi, fermo restando l'essere su fronti opposti e destinati a competere nella democrazia.
Infine, ai genitori arrabbiati perché non hanno avuto il posto nelle materne comunali dico: possiamo e dobbiamo lavorare per dare una risposta al problema che segnalate. Ma la risposta è nella pace e nel dialogo, non nella divisione e nello scontro. Se c'è qualche erbaccia da togliere dal giardino, prendiamo la zappa e lavoriamoci: ma questo referendum è come usare una bomba al napalm e se vogliamo bene al giardino non è per niente una buona idea. Votiamo B perché, come la Germania è bene che resti unita, anche l'Italia – e Bologna – hanno bisogno di andare avanti e non di tornare indietro. Lasciatevelo dire da uno che viene dalle scuole Graziano.
È un referendum che vuole farci tornare indietro Giuseppe Paruolo

martedì 7 maggio 2013

La morte di Giulio Andreotti e il fine che non giustifica i mezzi

andreottiFermo restando il cordoglio ed il rispetto per una persona che muore, la scomparsa di Giulio Andreotti suscita reazioni contrastanti: non solo nella politica e nella società italiana, ma in qualche misura anche in me stesso.
Trent'anni fa o poco più, uscito dal liceo dove ero stato un piccolo leader studentesco, decisi di interrompere il mio impegno politico perché non mi riconoscevo nei partiti di allora. A chi mi propose di impegnarmi nella DC, partito ampio che comprendeva anche persone che stimavo, ricordo che risposi che io non volevo stare nello stesso partito di Andreotti.
Già allora Andreotti rappresentava l'uomo politico di potere, con il suo portato di compromessi e di opacità che un giovane idealista come me trovava inaccettabile. Dico di  più: ricordo che facevo fatica a comprendere come si potesse far politica in quel modo, e il mio profondo distacco da tutti coloro che – pur consapevoli del livello di compromissione – comunque se ne servivano, in ossequio al principio machiavellico del fine che giustifica i mezzi.
Oggi, da idealista non più giovane continuo come un tempo a non apprezzare chi fa politica in modo machiavellico, ma l'esperienza mi ha fatto capire meglio di trent'anni fa. In una politica confusa e ricca di colpi bassi, che sovente si traduce in guerre di posizione finalizzate al controllo delle leve di potere (che "logora chi non ce l'ha"), nel turbine dei vizi privati e delle pubbliche virtù, nella sperimentazione quotidiana di piccole e grandi scorrettezze, può esserci un progressivo slittamento che gradualmente porta a ritenere accettabili cose che in realtà non lo sono affatto. Bisogna vigilare, altrimenti quando uno se ne accorge è troppo tardi. Se dovessi scommettere direi che a Giulio Andreotti è capitato proprio questo.
Andreotti se ne va tutto sommato in silenzio, fra luci ed ombre, e riposi in pace. Ci lascia come lezione il messaggio che il machiavellismo può forse servire a vincere delle battaglie di potere, ma rischia di rovinare anche i migliori statisti. No, il fine non giustifica i mezzi, è meglio perdere che perdersi.
"Ricordati chi sei", mi disse una volta una persona amica alla vigilia di una scelta difficile, fra una strada comoda ma sbagliata ed una giusta ma impervia. Non sono pentito di aver fatto la scelta più scomoda. Quella è la frase che ripeto a me stesso ogni volta che mi trovo di fronte ad un bivio faticoso: io la politica provo a farla così.
La morte di Giulio Andreotti e il fine che non giustifica i mezzi Giuseppe Paruolo

lunedì 6 maggio 2013

Screening mirati e medicina d’iniziativa


Oggi in commissione sanità è stato discusso ed approvato un documento sui programmi di screening per la diagnosi precoce dei tumori del colon-retto, della cervice uterina e della mammella. Considero questi screening uno degli aspetti di cui andare fieri della nostra sanità regionale. Tante vite vengono salvate grazie ad essi, e sono grato a tutti coloro che con il proprio impegno li rendono possibili: dai professionisti alle associazioni, ai cittadini coinvolti nella promozione della cultura della prevenzione (come il Laboratorio Cittadini per la Salute).
sanitadigitaleCampagne di screening come queste – rivolte cioè a tutta la popolazione di una certa età e genere – non possono però essere la prospettiva del futuro. Non a caso la loro estensione ad altre patologie presenta una serie di problemi. Proprio per questo occorre cominciare a sperimentare, da subito, campagne mirate a sottoinsiemi specifici di popolazione sulla base di analisi della grande mole di dati di cui già disponiamo (analisi del sangue, riscontri clinici, familiarità con pazienti e così via). L'idea di fondo è di non selezionare i destinatari solo sulla base dei dati anagrafici, ma di considerare anche parametri clinici per affinare il target di popolazione da coinvolgere. In questo modo ci si rivolgerebbe ad insiemi mirati di popolazione con costi più bassi e riscontri più puntuali. Questo ci darebbe la capacità di estendere gli screening a diverse altre  patologie.
Bisognerebbe farlo in stretta cooperazione coi medici di medicina generale, a cui fornire strumenti raffinati di supporto alle decisioni (attenzione perché il tal paziente ha un rischio maggiore di altri rispetto ad una certa patologia) che suggerimenti operativi (stai prescrivendo gli esami del sangue ad un tuo paziente, il sistema ti suggerisce di aggiungere anche un ulteriore test che magari manca da tempo), e con tutte le dovute attenzioni all'aspetto della privacy.
Il futuro passa anche da qui, dalla capacità di giungere a diagnosi precoci in tanti campi, con una medicina d'iniziativa in cui è il medico a cercare il paziente invece che viceversa. Pensate, per fare solo un esempio, agli esami di laboratorio che consentirebbero di avere indicazioni sull'insorgenza dell'insufficienza renale (pochi euro) e pensate ai vantaggi che deriverebbero dalla diagnosi precoce di questa patologia (anni in meno di dialisi, con tutto quel che significa sia in termini di qualità della vita per i pazienti che in termini di risparmio per il sistema sanitario, visto che un anno di dialisi per una persona costa oltre 50 mila euro).
Sono idee che ho maturato da tempo e che sto tentando di far passare a livello politico. Tanto più che siamo in epoca di spending review e di ricerca di modi per risparmiare senza tagliare servizi. Non è semplice, però. Oggi ho colto l'occasione per dirlo in commissione. E' proprio a questo genere di cose che penso quando dico che occorrerebbe un salto di qualità nella visione dell'information technology in sanità.
Screening mirati e medicina d'iniziativa Giuseppe Paruolo

venerdì 3 maggio 2013

Finalmente chiarezza sul ruolo dei fisici sanitari


Chi sono i fisici sanitari? Le competenze della Fisica medica si collocano laddove vi è impiego sanitario di radiazioni ionizzanti e non ionizzanti: la Radioterapia, la Medicina Nucleare e la Radiologia. Le attività garantiscono la qualità delle prestazioni, la dosimetria, l'ottimizzazione delle esposizioni diagnostiche e terapeutiche, la ricerca clinica, il controllo di qualità delle apparecchiature e la radioprotezione dei pazienti, dei lavoratori e della popolazione.

Flickr image by MuffetSono funzioni importanti in ambito sanitario, per cui la corretta collocazione di questi professionisti nell'organizzazione del servizio sanitario regionale non è un tema di etichette ma di sostanza: è importante per metterli nelle condizioni idonee ad esercitare nel modo migliore le loro funzioni, che sono essenziali per la prevenzione e la sicurezza di pazienti, operatori e cittadini.
E' accaduto nel recente passato che i fisici sanitari non siano stati sempre considerati (come per legge si dovrebbe) come una funzione sanitaria (che comprende non solo medici, ma ad esempio anche biologi, chimici, psicologi e farmacisti) ma come un servizio tecnico-professionale. In particolare il servizio di Fisica sanitaria è stato indicato (erroneamente) come tale nelle "Linee di programmazione e finanziamento delle Aziende del servizio Sanitario Regionale per l'anno 2013".
Ora, a seguito di una mia interrogazione, l'Assessore alla Sanità Carlo Lusenti nel rispondermi fa chiarezza rispetto ad ogni ambiguità: quel passaggio in quel documento viene riconosciuto come un errore, ed ora è chiaro che i fisici sanitari sono parte della dirigenza sanitaria e che l'organizzazione deve riflettere questo fatto.
Nella sua risposta, l'Assessore promette anche di dare alle Aziende Sanitarie indicazioni per una corretta interpretazione della delibera, e mi auguro che queste indicazioni sapranno correggere ed evitare quelle soluzioni organizzative che prescindendo dal riconoscimento del ruolo sanitario dei servizi di Fisica medica rischiano di creare ostilità e contenziosi finendo per influire negativamente sullo svolgimento delle funzioni che la legge mette in capo ai fisici sanitari.
Finalmente chiarezza sul ruolo dei fisici sanitari Giuseppe Paruolo