domenica 23 dicembre 2012

M5S e futuro della democrazia

Nello spazio politico lasciato libero dall’insipienza dei partiti cresce un movimento cui non interessa costruire una classe politica capace di governare. Dietro le parole d’ordine del Movimento 5 Stelle si intravvede un disegno ancora non pienamente definito ma dai tratti decisamente preoccupanti, di cui nessuno pare accorgersi.
[Ho scritto questo articolo per Il Mosaico all'inizio di dicembre, prima delle ultime espulsioni. Qualcuno che lo aveva letto mi ha detto che avevo visto avanti, e che le ultime vicende mi danno ragione in modo evidente. Io invece ho ancora l'impressione che se ne parli molto senza cogliere il punto...]
E' del 2009 l’elezione a Bologna del primo consigliere comunale grillino e a ripensarci non pare vero siano passati solo tre anni. Un anno dopo, nel 2010, si è parlato di exploit per la conquista di due seggi nel Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna. Cosa dovremmo dire ora che in Sicilia il candidato delM5S ha preso il 18% dei  voti e sono stati eletti 15 consiglieri?
 I media per diversi anni hanno deliberatamente ignorato il movimento che stava prendendo corpo. Ora invece ne parlano molto, occupandosi di vari aspetti ma soprattutto di se stessi, ovvero del rapporto fra movimento e mondo dei media.  Del M5S parlano male, per lo più, ma con gli stessi effetti del silenzio dei primi anni: il movimento prosegue la sua finora inarrestata ascesa. Ma proviamo a mettere un po’ di ordine.
L’offerta politica dei grillini miscela elementi diversi: molte critiche (spesso sacrosante) alle storture italiche indotte o tollerate dalla politica; il linguaggio violento, offensivo e incline al turpiloquio di Beppe Grillo; la freschezza e in generale la buona volontà dei ragazzi che si candidano nelle liste M5S; un programma fatto di pochi punti a forte impatto (alcuni pienamente condivisibili, altri meno) e che si tiene attentamente alla larga da diversi argomenti: soprattutto evita questioni che potrebbero risultare discriminanti sull’asse destra-sinistra, in modo da poter pescar voti dai delusi di entrambi gli schieramenti.
Ma ciò che soprattutto fa discutere  è la democrazia interna al M5S, i diktat di Grillo e il ruolo di Casaleggio. Sul set si susseguono gli episodi: l’espulsione di Tavolazzi, il fuorionda di Favia, il caso Salsi-Ballarò, lo scontro Bugani-Favia e altri ancora. L’acuta deduzione è che nel M5S non c’è davvero democrazia e che Grillo (o meglio Casaleggio dietro di lui) è di fatto un tiranno.
Ora, che vi sia un problema di democrazia interna in una formazione politica guidata da un leader (o meglio  un dominus) che nel suo blog scrive che nel movimento “uno vale uno” e poche righe sotto procede ad un’espulsione con un semplice post scriptum, mi pare che sia di una evidenza lapalissiana. Tutti i giornali e le tv lo dicono, però non succede assolutamente nulla.
D’altra parte, c’è democrazia nel PDL di Berlusconi? C’è democrazia nelle varie formazioni politiche nate o finite sotto l’ombrello di un leader-padrone? Come si possa professarsi democratici militando in partiti che negano la contendibilità della propria guida è uno deimisteri inquietanti della politica italiana. Sta di fatto che l’assenza di democrazia interna è una caratteristica talmente comune che accusarne il M5S è un’arma spuntata, e come si vede inutile. E così continuerà ad essere fino a quando non riusciremo a fare crescere una sincera coscienza democratica nel nostro paese.
Per questo il punto che io ritengo più significativo è un altro, e riguarda l’obiettivo che il M5S si prefigge. Già, perché in tutta questa discussione sui mezzi, si perde di vista il fine. Quale è lo scopo? Che il M5S abbia l’obiettivo di abbattere l’attuale sistema dei partiti è infatti evidente, ma per sostituirlo con cosa? Non è chiaro. Anzi, comincia ad essere chiaro che la soluzione che hanno in mente i padroni del M5S non è una soluzione di democrazia tradizionale, e forse nemmeno democratica tout-court.
Quale è infatti il motivo dello scontro fra Casaleggio e il gruppo degli emiliani rappresentato da Favia, Tavolazzi, la Salsi ed altri? Stavano semplicemente costruendo una rete di relazioni interna al M5S. E’ una tendenza naturale in democrazia quella di cercare di strutturarsi, partire da una condizione di opposizione per costruire una proposta di governo e una organizzazione in grado di sostenerla. Capita naturalmente che reti e cordate concorrenti entrino in conflitto fra loro, ma nel M5S non c’è nessuna altra cordata: i gruppi locali sono pienamente autonomima sostanzialmente non collegati fra loro se non attraverso il dominus del movimento. Per questo l’alt a Favia e Tavolazzi ha il sapore dell’alt a qualunque rete di relazione interna al M5S.
Vogliamo parlare del limite dei due mandati nel M5S? D’accordo, gli italiani hanno tutte le ragioni di essere stanchi di parlamentari di lungo corso e di partiti che pongono limiti teorici al numero di mandati senza poi rispettarli. Ma vi pare normale una regola che dica due mandati in qualunque istituzione e poi basta? Significa nessuna esperienza sia per il neo consigliere di quartiere (e ci sta) che per il neo parlamentare: follia pura.
E l’autoriduzione dello stipendio? Anche qui, lo spettacolo dei casi Fiorito e similari è indecente, e serve una svolta di sobrietà che ristabilisca livelli retributivi ragionevoli per la classe politica. Ma fissare stipendi molto  bassi, oltre a lisciare il pelo all’indignazione popolare, ha anche l’effetto di escludere persone che legittimamente nella loro professione hanno stipendi più alti. È un modo di selezionare una classe politica di basso livello: gli metti in mano una telecamera e gli dici di filmare il suo vicino in aula mentre legge il giornale o si mette le dita nel naso e via andare. Se poi per caso ti sfugge il controllo dell’eletto, gli puoi sempre ricordare che è un ex-magazziniere, come ha fatto Grillo con Favia.
Tutti questi elementi hanno un significato univoco: ai padroni del M5S non interessa costruire una classe politica capace di governare davvero. Li lasciano liberi sul piano locale, ma impediscono che si connettano fra loro. Li mettono sul palco delle piazze per prendere i voti, ma non vogliono che vadano in TV. Decidono regole sui mandati e sugli stipendi non solo per marcare una differenza, ma anche per non fare crescere personalità politiche di spessore all’interno del movimento. Manderanno in Parlamento un piccolo esercito di neofiti, completamente asserviti ai voleri di Grillo e Casaleggio.
Ogni tanto qualcuno cita le suggestioni tecno-futuristiche di Casaleggio, che in sostanza prevede che Internet sostituisca democrazia e poteri attuali. Non come i Piraten, che usano Internet per costruire democrazia, Casaleggio parla di Internet come alternativa alla democrazia, spero sia chiara la differenza, al di là del corredo di guerre mondiali e sterminio della popolazione. Lo citano sempre senza prenderlo sul serio, e anche i militanti del M5S non se ne preoccupano più di tanto. Forse non è una buona idea.

mercoledì 12 dicembre 2012

Fra convenienza e verità sempre meglio la verità

Quante volte capita in politica di mettere tra parentesi la verità per motivi di convenienza? Tante, troppe volte. I cittadini sono sempre più stufi, e francamente anch'io.
Beppe Grillo ha cacciato dal M5S Giovanni Favia e Federica Salsi. A loro va la mia solidarietà personale, ma non posso offrir loro quella politica. Il M5S promuove una partecipazione che ha poco a che vedere con la democrazia, è evidente e non da oggi. In ogni caso loro due lo avevano capito da tempo, eppure hanno continuato a portare acqua a quel mulino sperando in una improbabile riconciliazione "con Beppe" che se anche fosse avvenuta nulla avrebbe cambiato della sostanza. Piuttosto, quante ne dovranno ancora succedere perché chi è dentro prenda coscienza che c'è un problema serio in quel movimento?
Con tutti i suoi (non pochi) difetti, il PD è comunque un luogo in cui democrazia non è una parola vuota e per questo impegnarsi ha un senso. Anche qui, nella verità. In queste ore tutti dicono "primarie per i parlamentari" ma mi pare di captare che ci sia chi lo dice perché le vuole davvero, aperte e senza rete, e chi invece lo dice perché non può fare a meno di dirlo ma lavora per limitarne la portata e la partecipazione. Io dico avanti, senza se e senza ma, senza quote di nominati, senza riserve, in un giorno sensato, aperte alla massima partecipazione. Basta far seguire i fatti alle parole, no?

domenica 9 dicembre 2012

Tutti per Bersani adesso, ma nella verità

Ad una settimana di distanza del ballottaggio è calata l'adrenalina da primarie ma sono rimaste forti alcune sensazioni. La prima e più importante è la gratitudine.
Un grazie di cuore va anzitutto ai tanti volontari con cui ho condiviso questa campagna: ho avuto la conferma di amici di lungo corso, ho riscoperto persone che avevo perso un po' di vista, ho conosciuto ed apprezzato persone nuove. Un grazie grande va a Matteo Renzi, perché il tema di fondo che ha posto (no, non la rottamazione ma l'idea di un modo nuovo di essere centrosinistra) resta, più forte di prima. E pur sconfitto, la sua sfida ha cambiato più di quanto non si percepisca. E poi grazie ai tantissimi che lo hanno scelto nell'urna: vorrei stringere la mano ad ognuno di loro, in particolare ai 33 mila che lo hanno votato nel nostro territorio bolognese, e dire loro che non li lasceremo soli.

Grazie anche a chi ha fatto scelte diverse, compresi quelli che mi hanno detto “mi dispiace ma Renzi non mi convince”. Ci sono persone che aspettavano con sincerità il cambiamento che in queste primarie è arrivato, ma non l'hanno riconosciuto: la colpa non è loro ma nostra, le loro perplessità ci raccontano gli errori che abbiamo fatto e che dobbiamo correggere.

Grazie infine a tutti coloro che si sono spesi per rendere belle queste primarie, e sono tanti, tantissimi: i sostenitori leali e corretti dei vari candidati, i volontari nei seggi e negli uffici elettorali, gli esponenti con cui ci siamo incrociati in dibattiti e confronti corretti e rispettosi, le persone con responsabilità nel partito e nelle istituzioni che si sono spese come me per mantenere alta la coscienza che dopo le primarie saremmo stati di nuovo tutti insieme.

Faccio invece più fatica a ringraziare coloro che invece di fare campagna per il proprio candidato l'hanno fatta tutta in negativo contro Matteo Renzi, con toni ed argomenti che mi hanno affaticato, soprattutto quando si trattava di persone a cui voglio bene e con cui ho condiviso in passato battaglie che non posso dimenticare. A loro vorrei dire vi voglio ancora bene, ma non possiamo non riflettere insieme sui motivi di tanta ostilità e di tanta incomprensione. E infatti la seconda sensazione non è né rabbia né amarezza, ma solo desiderio di verità.

Ha vinto Pierluigi Bersani, e ora siamo davvero “Tutti per Bersani”. Adesso, non prima, quando quello slogan sembrava ricordarci quanti pochi fossimo rispetto ai sostenitori del segretario, o ammonirci quasi che avessimo preso un abbaglio ad essere altrove. Quando leggo i commenti che parlano di una prevedibile sconfitta vista l'evidente sproporzione organizzativa, penso che è vero (la sproporzione era evidente ovunque, e qui a Bologna più che altrove) e che proprio alla luce di ciò abbiamo avuto un risultato straordinario. Ma al tempo stesso che l'esito fosse incerto è dimostrato dalla tensione sulle regole dell'ultima settimana, con errori da ambo le parti: quelli dalla nostra parte li abbiamo pagati subito, domenica scorsa; speriamo di non dover pagare più avanti quelli altrui. Sto pensando alle persone che si sono sentite respinte rispetto al loro desiderio di votare al ballottaggio: ho già scritto della notte passata a leggere le loro lettere, ed ogni volta che sento qualcuno (che non le ha lette) liquidare la questione con un “potevano pensarci prima” io soffro.

Ora chi come me ha sostenuto Matteo Renzi è chiamato a sostenere Pierluigi Bersani, in primis cercando di motivare coloro che hanno votato per Renzi alle primarie a votare per Bersani alle elezioni. E' uno sforzo che io intendo compiere davvero, ma nella verità. E verità richiede che venga riconosciuto che Matteo Renzi ha proposto un modo nuovo di essere centrosinistra, fatto proposte che non è obbligatorio condividere ma che hanno piena legittimità ad essere considerate foglie delle comuni radici e non ogm. La sua proposta ha convinto quanti fra noi si sono riconosciuti in quell'idea di cambiamento ed anche tante persone che si erano allontanate dalla politica o deluse da altre opzioni. 

Questo è il fondamentale presupposto per considerare i suoi voti un patrimonio potenziale su cui puntare alle elezioni. In questo senso è un problema aver sentito persone, anche con ruoli di responsabilità, sostenere che Matteo Renzi fosse uno che con la sinistra non ha nulla a che vedere, uno di destra che ha sbagliato partito, come Pietro Ichino ed altri suoi sostenitori, un berluschino, uno che a votarlo sono stati “gli altri”, “gli infiltrati”. Per questo mi rivolgo a chi ha pensato e detto queste cose, invitando tutti ad uno sforzo di confronto e di verità. A chi oggi invita giustamente a dismettere il "noi e loro" per riconoscere che c'è soltanto un noi, faccio presente che se c'è un noi non doveva e non deve esserci spazio per quel genere di argomenti.

Non mi spaventa l'ostilità, né mi preoccupano gli eccessi verbali da competizione, ma - a parte che una cosa è il dissenso, altro è la delegittimazione - qui emerge soprattutto una mancanza di comprensione, una visione chiusa e proprietaria di ciò che sia essere di sinistra. Sono nodi da sciogliere: se vogliamo i voti di chi si è riconosciuto nella proposta di Renzi, non possiamo semplicemente spazzare la polvere sotto il tappeto. E questo a maggior ragione oggi: in pochi giorni l'Italia è tornata a precipitare nell'emergenza, il Caimano è tornato e proverà a trascinarci nell'abisso, e per combatterlo abbiamo bisogno di unità vera e non solo di facciata.

Tutti uniti dunque, tutti per Bersani, ma con il coraggio della verità. Per i cinefili, lasciatemi citare Matrix (che a sua volta cita Alice): pillola rossa per tutti! E vedrete quant'è profonda la tana del bianconiglio...

sabato 1 dicembre 2012

Una notte in via Rivani

Sono in politica da una dozzina d'anni, un tempo non lunghissimo ma durante il quale ne ho viste di tutti i colori o quasi. Non sono dunque facilmente impressionabile, ma non potrò dimenticare la scorsa notte in via Rivani. L'ufficio elettorale provinciale si è riunito per esaminare le richieste pervenute di ammissione al voto per domenica prossima da parte di persone che non si erano registrate entro il primo turno, poco meno di 3000 fra mail, fax e moduli compilati personalmente.
Non abbiamo guardato da lontano i pacchi di carta, prendendo decisioni sommarie, ma ci siamo messi a leggere le richieste, ed è proprio questa la parte che non potrò dimenticare. Sono sprofondato - e con me credo anche gli altri presenti alla riunione - in un mondo fatto non di numeri e voti ma di persone, gente che ti raccontava la sua storia a volte in modo dettagliatissimo e a tratti commovente. C'era il giovane universitario che era all'estero per l'Erasmus o la giovane ricercatrice come visiting professor. C'era la persona malata a cui avevano cambiato il turno per la dialisi e non era riuscita ad andare a votare domenica scorsa. C'era chi ti parlava dei figli piccoli, della moglie malata, di un ciclo di chemioterapia, della nascita della sua secondogenita. E allegavano certificati medici, biglietti aerei, programmi dei convegni a cui avevano partecipato, ricevute dei telepass, certificati elettorali. C'era anche chi era laconico: motivi personali, dissenteria, influenza, uno ha scritto per motivi che non ritengo di dovervi raccontare (e aveva ragione, ovviamente!). C'era chi ti raccontava che la moglie era andata al seggio a votare e lui era rimasto con la mamma anziana, aspettando che lei tornasse a casa; ma al seggio c'era la coda, e quando la moglie è rientrata era troppo tardi per votare. C'era chi sapeva di essere via la domenica 25 e quindi aveva provato ad andare all'ufficio elettorale nei giorni precedenti, ma dopo un'ora di fila aveva desistito (ricordo che la semplificazione emiliana delle procedure ha riguardato solo il giorno del voto, non il funzionamento degli uffici elettorali nei giorni precedenti). C'era chi ti scriveva che non sapeva che poteva registrarsi direttamente al ballottaggio, chi ti diceva candidamente non voglio inventarmi una scusa perché la verità è che me ne fregavo ma dopo aver visto il dibattito in tv ho deciso che voglio partecipare al voto (e queste richieste, alcune appassionate e bellissime, non potevano essere accolte anche a norma del Regolamento - quello vero, deciso prima - ma che errore anche quello). Altri che temevano che su di essi gravasse il sospetto di non essere di centrosinistra - avete presente certe dichiarazioni sui giornali? quelle che se uno ci teneva davvero aveva 20 giorni per registrarsi, e quindi se non l'ha fatto è perché evidentemente non ci teneva - ti scrivevano che erano iscritti al partito da anni remoti, ti citavano gli esponenti del partito di cui erano amici, o ti dicevano che erano fondatori del PD e conservavano il certificato di cui ti davano il numero, e comunque ti raccontavano che loro ci tenevano proprio a votare, oppure ti parlavano della madre anziana che dalle 6 di stamattina stava insistendo per poter votare. E poi i nomi noti, persone comuni (ma questo è il compagno tal dei tali, esclamava qualcuno dei presenti, oppure ecco una famiglia di cinque persone miei amici dall'infanzia, da sempre di centrosinistra), e persone pubbliche: il docente universitario, l'editorialista politico, la cantante famosa che era in giro per concerti. Mentre la notte era ormai fonda io andavo avanti a leggere e dicevo a me stesso: ma cosa ci chiedono queste persone? Solo di partecipare! Non è per questo che facciamo politica? Non era per questo che abbiamo fatto le primarie? Ha senso avergli chiesto la giustificazione? Ha senso respingere le loro richieste? No, non ha alcun senso! Stanotte abbiamo celebrato un rito completamento privo di senso...
Tutti gli esempi che ho fatto - tutti - sono richieste che sono state rigettate a norma della delibera n. 26, quella che con il pretesto di interpretare il regolamento (le regole che non si cambiano?) lo deforma, chiudendo una porta che nel regolamento era socchiusa e che invece sarebbe stata da spalancare! Fra le richieste accolte ci sono alcuni casi ancora più complessi di quelli che ho citato, come persone ultranovantenni a cui è apparso assurdo anche agli altri che di fronte alla giustificazione valida solo per domenica 25 si rispondesse che potevano fare la preregistrazione online (che è l'argomento usato per respingere tutte o quasi le richieste). Qualcuno oggi mi ha fatto osservare che gli ultranovantenni voteranno in prevalenza per Bersani, ma francamente me ne infischio. Sono stanco di una politica che è sempre virtuosa a parole ma poi segue sempre la convenienza, e credo tanti italiani con me: avete presente le manfrine sull'election day ad anni alterni, dove la parte di chi vuol far risparmiare accorpando le elezioni la fanno gli altri o noi a seconda delle convenienze? Basta, sono queste le cose da rottamare...
Per me, sulle 2837 richieste pervenute (ma attenzione, diverse riguardavano più elettori), a norma di buon senso avremmo dovuto accoglierne 2644, scartando solo quelle incomplete o fasulle. A norma di Regolamento (perché le regole non si cambiano!) avremmo dovuto accoglierne 2547 (e per questo a malincuore non mi sono opposto al respingimento delle richieste belle ma che non riportavano l'impossibilità di essersi registrati prima). Invece ne sono state accolte solo 224 a causa dell'assurda delibera 26. Sono cose che ci fanno male.
Rispondo infine all'altra domanda che tutti mi fanno: avete litigato? No. Perché la delibera 26 non è colpa di quelli che erano ieri con me in via Rivani, né si può pretendere che tutti siano leoni. Naturalmente ho lasciato a verbale il mio fermo dissenso, ma non è colpa loro se il garante Berlinguer dichiara il 25 novembre che anche chi non ha votato al ballottaggio potrà liberamente registrarsi e votare, e il giorno dopo emana con gli altri garanti una delibera che di fatto lo impedisce, e poi continua a ripetere - lui e altri - che le cose stavano così da prima e che le regole non si cambiano (dopo averle appena cambiate). Non è colpa loro né mia se da quel momento cominciano colpi bassi da ambo le parti e a Roma non riescono a trovare una quadra che ci consenta di andare serenamente alla giornata di domani.
Sogno che a Roma oggi ci sia chi capisca che è ora di smettere di parlare in un modo e di agire in un altro, finendo di scaricare le tensioni sugli organi periferici del partito e sui militanti e sui volontari, che al 99% è gente pulita e bella sia che stia sostenendo Bersani che Renzi. O vi date una sistemata, oppure venite a leggervi le migliaia di lettere appassionate del nostro popolo, quelle che ieri notte ci siamo letti noi. Ma dovete leggerle una per una: sono convinto che vi farebbe bene!