domenica 30 settembre 2012

Quale futuro per Poste Italiane?

Tanto si può dire del ruolo delle Poste nella storia italiana, altrettanto dell'importanza che tuttora rivestono per connettere il territorio (di cui però rischiamo di accorgerci solo quando viene minacciata la chiusura di uffici periferici), ma cosa possiamo dire del futuro di questa grande azienda nazionale? E più specificamente, chi è che ci sta ragionando su e sta mettendo a punto la visione del futuro che dovrà guidare l'evoluzione di questo colosso?
E' questa la domanda principale con cui sono uscito dall'incontro promosso venerdì scorso dalla CISL bolognese, con interventi di sindacalisti e di parlamentari e folta rappresentanza di lavoratori come ascoltatori.
139 mila addetti (ma erano 220 mila fino a qualche anno fa), 14 mila uffici sul territorio, 40 mila portalettere; una storia recente fatta di diversificazione dell'offerta con l'ingresso in nuovi mercati (assicurazioni, carte prepagate, telefonia mobile e così via); aumento della produttività (quanto ottenuto grazie all'innovazione di processo e quanto aumentando il carico sui lavoratori è un dato che sarebbe interessante stimare) e chiusura in attivo dei bilanci negli ultimi anni; mix di ruolo sociale commercialmente improduttivo (uffici piccoli nelle località remote) con un'operatività pienamente commerciale in altri campi; società per azioni con capitale interamente statale; sono tutti elementi che entrano nel discorso del futuro insieme al fatto direi incontrovertibile che il core business su cui le Poste sono nate e cresciute per un secolo e mezzo, la corrispondenza cartacea, è sostanzialmente a fine corsa. Quale futuro dunque?
Dai discorsi che ho sentito venerdì, colgo elementi in chiaroscuro. Da un lato il desiderio di riaffermare il ruolo delle Poste proseguendo sulla strada della diversificazione dei servizi, che negli ultimi anni si è rivelata premiante insieme alla forte e progressiva riduzione di personale, dall'altro un po' di confusione nell'identificare quali diversificazioni su cui investire e soprattutto nel definire l'identità (e le dimensioni) del soggetto che le Poste dovrebbero avviarsi a diventare. Inoltre, e questo è a mio avviso il dato più inquietante, la sensazione che non ci sia nessuno che per conto della proprietà della società (lo Stato, cioè noi tutti) si stia ponendo il problema del futuro di Poste.
Se gli unici interlocutori resteranno la dirigenza nominata e i sindacati, non è difficile ipotizzare che le Poste proseguiranno una lenta planata verso il pensionamento del suo ancora vastissimo personale, sostenuto da operazioni di diversificazione che rischiano di essere di breve periodo e destinate a dare ossigeno temporaneo al colosso declinante ma non la strategia con cui affrontare il futuro che ci attende...

mercoledì 26 settembre 2012

Qualche chiarimento sul Passante Nord

Sul Passante Nord prosegue il conto alla rovescia: entro la fine di novembre, secondo il verbale d'intesa firmato a luglio fra istituzioni, ANAS e Società Autostrade, si deve raggiungere una convergenza su tracciato e caratteristiche del progetto oppure tutto decadrà.
Mentre comprensibilmente esponenti dei settori economici premono perché il passante si faccia comunque e comitati e forze politiche avverse perché l'idea venga in ogni caso abbandonata, è significativo che esponenti delle diverse istituzioni coinvolte (Regione, Provincia, Comuni) nei giorni scorsi siano intervenuti per sottolineare come l'attuale progetto non vada bene ed occorra mettervi mano pesantemente per renderlo accettabile.
Premesso che sono pienamente d'accordo sul fatto che l'attuale progetto di Autostrade sia inaccettabile, e che auspico che il tavolo da poco costituito sia in grado di giungere ad una formulazione convincente e sostenibile per il nostro territorio, non posso però tacere un forte disagio per l'attuale situazione e per come si è venuta a creare.

Nei giorni scorsi ho espresso le ragioni di questo disagio in una riunione di partito, e diversi mi hanno risposto che in questo momento occorre concentrare i nostri sforzi sulla trattativa in atto e non serve focalizzarsi sul perché siamo arrivati fin qui. Ci stavo riflettendo sopra, perché da un lato vorrei confermare il mio sincero e leale sostegno allo sforzo che è in corso al tavolo della trattativa, dall'altro però vorrei evitare di aspettare dicembre rischiando poi di sentirmi rispondere che è tardi e a quel punto inutile porre questioni di metodo. Poi ieri sono uscite notizie sulla riunione di partito in questione cui l'assessore Peri ha replicato, e oggi ne scrivono in cronaca locale Carlino e Repubblica, e questo mi costringe a qualche chiarimento.

Lo spunto polemico ripreso dai giornali riguarda una frase contenuta nel progetto di Autostrade (è stato pertanto sviluppato un tracciato all’interno del corridoio che Regione Emilia Romagna e Provincia di Bologna hanno individuato e proposto, dopo aver sentito preliminarmente i comuni interessati”) e la lettera della UE del luglio 2010.

Della frase in questione avevo parlato nella mia newsletter del 13 settembre scorso (definendola “una cosa destituita di fondamento e proprio per questo davvero inquietante”) e nella riunione del 18 ho chiesto con forza che fosse chiesta una smentita ufficiale ad Autostrade. Per questo è del tutto infondato e fuorviante sostenere che io stia accusando di combine i sindaci del territorio, sindaci che hanno detto sempre e in ogni sede di non aver mai avallato il “passantino” e che per fortuna erano presenti alla riunione.

Oggi prendo atto che la frase è stata liquidata dall'assessore Peri come “un refuso, che è rimasto scritto nel documento perché Autostrade pensava di avere il tempo di condividere la proposta, ma il tempo alla fine non c'è stato”. Anche Autostrade poco fa è intervenuta per chiarire che “l'elaborazione dello studio di fattibilità è stato predisposto in assenza del coinvolgimento della Regione Emilia-Romagna, della Provincia di Bologna e dei Comuni di pianura interessati”. Apprezzo molto il chiarimento, anche se non è che faccia particolare onore all'acume di Società Autostrade il fatto di aver stravolto il progetto degli Enti locali senza coinvolgerli, né alla lungimiranza degli Enti locali aver firmato un verbale d'intesa – ultimatum in luglio per accorgersi pochi giorni dopo che il progetto in discussione è completamente diverso dal Passante del PTCP.

Già che siamo in tema di refusi, segnalo ad Autostrade che nella tavola CAP001-2 (Ubicazione campi e cantieri) c'è come data “giugno 2010” che è sicuramente un altro refuso, visto che tutte le altre tavole del progetto sono datate “luglio 2012”. Quanto alla mancanza di tempo, ricordo solo che in precedenza il verbale di intesa era stato chiaramente indicato come la premessa indispensabile per poter affrontare il merito della questione: “Solo con la formalizzazione da parte del Governo dell'incarico progettuale a società Autostrade sarà possibile dissipare ogni dubbio e valutare in modo concreto e chiaro eventuali razionalizzazioni che dovessero essere proposte” (dichiarazione del vicepresidente della Provincia Venturi dell'11 aprile 2012, condivisa con gli amministratori del territorio).

E' in effetti un vero peccato che le eventuali razionalizzazioni (rispetto al progetto nel PTCP) si siano tradotte in un radicale cambiamento del progetto. Anche perché non è difficile capire, carta geografica alla mano e con un minimo di geometria in mente, che accorciare in modo significativo il progetto del passante è impossibile senza impattare in modo inaccettabile sui territori attraversati e senza cambiare alla radice la natura e l'impostazione dell'opera. Ringrazio Campos Venuti e Fallaci per averlo spiegato bene in un articolo sull'Unità lo scorso 8 settembre, ma forse era possibile arrivare a capirlo anche prima e da soli. Per questo avevo trovato preoccupante che dal 2010 si parlasse di via libera al Passante purché più corto senza che nessuno facesse rilevare che un passante corto era quanto meno un'altra cosa rispetto al progetto condiviso dal territorio. E i tracciati poi usciti sulla stampa e sempre smentiti, ma curiosamente simili al progetto poi presentato da Autostrade, non erano stati un bel segnale. Per questo avevo scritto un post preoccupato sul mio blog sei mesi fa e avevo ricominciato a seguire con attenzione la vicenda.

Ora siamo ad un punto cruciale, in cui c'è un tavolo di trattativa aperto e in cui come ricordavo all'inizio siamo tutti concordi sul fatto che il progetto di Autostrade vada radicalmente cambiato (vale a dire riavvicinato all'impostazione del PTCP). Aspettiamo di vedere i risultati, augurandoci che le cose vadano per il meglio. Se invece Autostrade si mostrasse indisponibile a mutare la propria impostazione, tanto più in quanto maturata senza coinvolgimento degli Enti locali, dovrà spiegare perché. Quanto alle “fantasie o dietrologie strumentali” di cui parla Peri e che su questa partita in effetti continuano ad aleggiare, mi permetto di osservare che forse per fugarle basterebbe un approccio di totale trasparenza, rendendo pubblici documenti di cui si continua a parlare come fondamentali, a partire dalla lettera della UE del luglio 2010.

PS Autostrade si metta cortesemente d'accordo anche con Anas che in un comunicato del 20 aprile 2012 aveva affermato: La definizione del cosiddetto 'Passante di Bologna' è stata oggetto di numerosi incontri che hanno portato il 3 novembre dello scorso anno alla condivisione di un 'corridoio' per la realizzazione dell'infrastruttura, durante una riunione tenuta presso l'Ivca, alla quale hanno partecipato i rappresentanti di Autostrade per l'Italia, della Regione Emilia Romagna e della Provincia di Bologna. In tale sede, sono stati definiti i contenuti del verbale di accordo da sottoscrivere per la definizione dell'opera.

venerdì 21 settembre 2012

Dalla parte della giraffa imolese

Una giraffa è fuggita da un circo ed è andata in giro per il centro di Imola. Le foto e le immagini rimbalzano sul web e troveranno posto in giornali e notiziari, suscitando tutta la comprensibile ilarità del caso, anche perché per fortuna nessuno si è fatto male.
Dopodiché non sarebbe male cogliere l'occasione per una riflessione sul senso degli animali esotici nei circhi, ovvero per comprendere che il circo può essere divertente anche se non usa gli animali esotici come attrazione.
Una riflessione che in alcuni luoghi è stata già fatta, come nel caso del regolamento sulla fauna urbana del Comune di Bologna, approvato all'unanimità tre anni fa, che prevede la presenza solo di circhi senza animali esotici (art. 16 del Titolo IV). Anche altri comuni, a partire da Imola, potrebbero opportunamente ispirarsi a quel regolamento.
La giraffa di Imola, a modo suo, ha provato a darci un messaggio che credo valga la pena raccogliere.
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Aggiornamento: purtroppo la giraffa successivamente è morta.

Attenzione ai facinorosi sul referendum contro le materne paritarie

Il fatto è accaduto ieri ad un banchetto per la raccolta delle firme per il referendum contro i finanziamenti comunali alle materne paritarie. Una persona che passa viene fermata ed invitata a firmare. Risponde che non è per nulla d'accordo con il referendum. "Dunque lei è d'accordo a continuare a dare soldi ai preti pedofili!" è la replica dei raccoglitori di firme. 
Trovo il fatto sconcertante e preoccupante, perché al di là della volgarità e della scorrettezza, esso segnala un clima che di sta deteriorando
Siccome nelle poche interazioni che avevo avuto coi promotori del referendum dopo il mio post con cui spiegavo la mia netta contrarietà alle loro tesi avevo invece riscontrato piena correttezza, mi auguro che vi sia da parte loro una rapida presa di coscienza che isoli i facinorosi e riconduca il confronto nell'alveo della correttezza e del rispetto reciproco.
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Aggiornamento: mi sono sentito al telefono con un rappresentante del comitato promotore del referendum, ed abbiamo ricostruito l'episodio. Mi è stato assicurato che la persona che si è lasciata andare al commento che ho riportato era al banchetto per firmare lei stessa e non come raccoglitrice delle firme. Abbiamo anche convenuto nel condannare con fermezza l'accaduto e nell'auspicare che il dibattito avvenga effettivamente nella correttezza e rispetto delle diverse posizioni. Mi pare importante dar conto di queste precisazioni.

sabato 8 settembre 2012

M5S e democrazia

Il riflettore acceso dal fuorionda di Giovanni Favia sulla natura del Movimento 5 Stelle sta facendo molto discutere. Ma dopo aver letto molto di quanto scritto da commentatori, politici e popolo della rete, mi resta la sensazione che l'aspetto più significativo della questione continui a non essere colto. Tutti sottolineano che le parole di Favia dimostrano un evidente problema di democrazia interna e fanno emergere una lotta di potere fra esponenti (e gruppi) del M5S, nonché il ruolo centrale di Gianroberto Casaleggio accanto (o dietro) a Beppe Grillo. Tutto vero, ma non basta.

Ora, che vi sia un problema di democrazia interna in una formazione politica guidata da un leader (o meglio un dominus) che nel suo blog scrive che nel movimento “uno vale uno” e poche righe sotto procede ad un'espulsione con un semplice post scriptum, mi pare che sia di una evidenza lapalissiana. E' un problema comune anche ad altre formazioni politiche, quelle nate o finite sotto l'ombrello di un leader-padrone. Come si possa professarsi democratici militando in partiti che negano la contendibilità della propria guida, è uno dei misteri un po' inquietanti della politica italiana, ma per accorgersi che il tema riguarda in pieno il M5S non occorreva attendere il fuorionda di Favia. Che poi vi sia una contrapposizione interna fra Favia e Casaleggio non mi pare di per sé una notizia particolare, come pure l'emergere del ruolo privilegiato di Casaleggio come consigliere di Beppe Grillo. Sono dinamiche abbastanza diffuse, e il M5S non fa eccezione.

Il punto che io ritengo più significativo della vicenda è un altro: il M5S è un movimento politico in crescita di consensi, ed è naturale in un contesto di competizione democratica che la crescita porti a strutturarsi. E' una dinamica che riguarda tutti i partiti, anche quelli che difettano di democrazia interna. L'opposizione in democrazia non è una condizione permanente, ma deve essere vissuta come una fase propedeutica alla sfida per governare, e per questo è naturale la tensione verso una organizzazione di programmi e di persone capace di essere potenzialmente all'altezza della sfida.

Il fatto è che chi nel M5S ha mostrato questa tendenza ad organizzarsi, a connettere persone ed esperienze, è stato finora sistematicamente fermato. Favia, Tavolazzi ed altri si davano da fare per crearsi una rete e dei riferimenti, e questo li ha portati in rotta di collisione con lo schema di Casaleggio. Non perchè fosse una organizzazione conflittuale con una rete di altre persone preferite da Grillo e Casaleggio: al contrario, la sensazione che si ha guardando dall'esterno è che loro non vogliano affatto che nasca una organizzazione politica capace di lanciare la sfida per governare. In questo senso si può leggere la scelta dei meetup come indipendenti e separati e il divieto di andare in TV.

Credo sia dunque legittimo ed opportuno porsi la domanda di quale sia l'obiettivo cui tendono gli strateghi del M5S. Dal Vday in qua è chiara la linea di attacco distruttivo ai partiti tradizionali e alle loro storture, con critiche a volte giuste e a volte no. Ma al di là della demolizione qual è la prospettiva nel caso di una loro affermazione? Guardando alle suggestioni evocate da Casaleggio, puntualmente riportate dai commentatori ma senza che nessuno le prenda mai sul serio, è evidente che lo schema di gioco che ha in mente è un'alternativa tecno-futuribile che non solo si discosta dai modelli tradizionali ma che non fornisce nemmeno alcuna garanzia di essere contenuta nell'alveo della democrazia. Trovo la cosa francamente preoccupante.