lunedì 19 dicembre 2016

La questione dei vaccini è segno di un problema ampio

vacciniL'uso di Internet come mezzo di comunicazione di massa ha comportato enormi conseguenze sull'accesso alle informazioni. È straordinario che oggi, nel mondo connesso, anche dal più sperduto villaggio basti uno smartphone per avere accesso ad una mole di informazioni sterminata, di gran lunga superiore a quella che si può trovare nella più fornita delle biblioteche. Ma quello che per un verso è un grande passo avanti nella democrazia – le cui potenzialità positive si sono intuite da subito – presenta anche un potenziale negativo – che è stato sicuramente sottostimato – dovuto al fatto che in rete può viaggiare anche la stupidità, la disinformazione, il raggiro.

Oggi su Internet coesistono informazioni di valore grande, medio, piccolo ma anche un colossale insieme di sciocchezze. Informazioni fuorvianti che non sono solo spontanee ma in alcuni casi finalizzate ad obiettivi specifici e organizzate in modo strutturato. Un fenomeno che meriterebbe di essere meglio conosciuto, visto che su Internet e sui social si combattono battaglie virtuali in cui persone reali si mescolano ad eserciti di personalità fittizie che cercano di indirizzare le opinioni. Per il singolo utente non è semplice valutare la qualità delle informazioni, e chi non ha il tempo o i mezzi per confrontare fonti diverse rischia di prendere per buone informazioni che non lo sono affatto.

Gli interessi in gioco sono molteplici, di tipo commerciale, sociale, politico. Oggi anche nella testata giornalistica più seria non mancano le notizie di contorno fatte ad arte per attirare l'attenzione del navigatore. E se lo fanno le testate serie, figuriamoci cosa accade in altre meno serie, che sovente inondano il web con notizie "acchiappaclick" costruite ad arte al solo scopo di attrarre visitatori sui propri siti, usando spesso notizie distorte o inventante di sana pianta. Nel mondo vi sono movimenti politici che hanno investito pesantemente in questo tipo di comunicazione fuorviante, e sarebbe interessante valutare quanto questo fenomeno abbia pesato anche sulle competizioni politiche ed elettorali svolte fin qui. Di sicuro, se la competizione avviene a botte di notizie che hanno dell'incredibile (spesso in senso stretto), non c'è da stupirsi se poi tendono a prevalere le strategie più estreme e i soggetti con meno scrupoli, e se tutto questo si traduce in un degrado civile diffuso e in un preoccupante aumento dell'animosità in rete.

Sono convinto che uno dei motivi fondanti del fenomeno della crescente avversione ai vaccini da parte di segmenti significativi della popolazione sia proprio la difficoltà di comprendere il confine fra notizie sensate e bufale prive di ogni fondamento che girano in rete. Ciò fa sì che vengano ritenute credibili tesi anti-vaccini che l'intera comunità scientifica ricusa. Naturalmente questo non significa che tutte le proposte che vengono dalle ditte farmaceutiche vadano prese per oro colato: ma per l'appunto che occorre un approccio scientifico, indipendente ed obiettivo.

Un altro fattore che incide nella questione è il fatto che si è ormai affievolito il ricordo di quando la gente moriva per alcune malattie. L'avversione ai vaccini, insieme a malattie come l'anoressia per esempio, sono cose che i nostri nonni – che sapevano cosa fosse la fame o cosa significasse morire di difterite – non capirebbero. Loro salutarono come un enorme passo avanti la disponibilità dei vaccini, che all'epoca erano peraltro molto più impattanti di quelli disponibili oggi.

Oggi invece qualcuno è portato a credere (sbagliando) che alcune malattie siano relegate nel passato (lo sono solo nella misura in cui ci si vaccina) e che qualunque malattia capiti possa comunque essere curata (non è sempre vero, e poi bisogna vedere con quali costi).

Ma non possiamo parlare dei vaccini senza considerarne la dimensione collettiva. Qui non si tratta di proteggere solo il singolo individuo che, se vaccinato, si sottrae al pericolo di contrarre una malattia. Qui parliamo di proteggere la collettività, perché se il numero dei vaccinati è molto alto (oltre il 95%) allora scatta anche la cosiddetta immunità di gregge, ovvero sono protetti anche i (pochi) soggetti non vaccinati, perché l'agente patogeno in pratica non trova il modo per raggiungerli. Siccome ci sono persone che, per immunodeficenze o altri problemi di salute, non possono vaccinarsi, costoro sono quindi protetti se tutti gli altri soggetti che possono vaccinarsi lo fanno.

Ecco perché penso che l'altra colonna portante dell'avversione ai vaccini sia la cultura dell'individualismo. E' un tema che ovviamente investe molti altri aspetti della nostra vita in modi diversi ma tutti preoccupanti. Nei vaccini l'individualismo si traduce nel fatto che il concetto dell'immunità di gregge venga usato per richiedere che il proprio figlio non venga vaccinato, tanto sono tutti gli altri ad esserlo. Si traduce nella minaccia di adire le vie legali per pretendere che venga riconosciuto il diritto a disobbedire ad una legge dello stato (quella che definisce l'obbligo di alcuni vaccini). Si traduce nella richiesta di alcuni genitori (una novità che ho imparato proprio in questi giorni) che dopo non aver fatto ai propri figli le vaccinazioni obbligatorie, vanno dal pediatra in questi giorni per chiedere la vaccinazione contro il meningococco B (negli ultimi mesi ci sono stati diversi casi in Toscana e la preoccupazione sta crescendo).

Di fronte a tutto ciò possiamo limitarci a prendere atto dell'assurdità che scarica su una pratica positiva come quella vaccinale paure del tutto infondate? Fermarci ad analizzare il diffondersi di queste convinzioni? Magari notando come questo fenomeno interessi in genere persone istruite e non povere, e che abbia una distribuzione sul territorio non omogenea (nella nostra regione l'epicentro "no-vax" è con ogni evidenza nel riminese). Oppure possiamo provare a fare qualcosa per cercare di invertire la tendenza.

La decisione assunta dalla Regione Emilia-Romagna, approvando una legge sul sistema dei nidi d'infanzia a novembre 2016, è stata semplice: chi non ottempera all'obbligo vaccinale, non può richiedere l'accesso ai nidi. E' una decisione che mette in chiaro le responsabilità, e affronta un fenomeno che nel frattempo ci ha condotto al di sotto delle soglie di sicurezza per l'immunità di gregge: in Emilia-Romagna la copertura è stata del 93,4% nel 2015 mentre nel 2010 era al 96,5%; se poi consideriamo la sola zona di Rimini siamo ormai all'87,5%.

E' un faro acceso sul problema, che insieme alla campagna informativa che verrà fatta, speriamo possa produrre un cambiamento nella cultura e nelle abitudini. Le istituzioni dimostrano così di fare la loro parte, ma non vanno lasciate sole. Un ruolo importante, anche per motivare la politica, l'hanno giocato i genitori pro-vaccini che si sono dati da fare sui social network, portando la discussione proprio nelle piazze virtuali dove la strategia vaccinale era stata denigrata e messa in crisi. Anche questo forse è un segno dei tempi: non possiamo accettare supinamente che il mondo connesso sia un brodo di coltura per teorie infondate che ci fanno tornare indietro di decenni. Quindi rimbocchiamoci le maniche e proviamo tutti a fare la nostra parte.

[Mio articolo uscito sul numero 51 de "Il Mosaico"]

La questione dei vaccini è segno di un problema ampio
Giuseppe Paruolo

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