lunedì 8 settembre 2014

Quale futuro per la sanità di Bologna e dell’Emilia Romagna?

Chi mi conosce sa della mia attenzione e del mio impegno su sanità e welfare, ed intendo su questi temi dire un po' di cose anche in vista delle elezioni regionali. Qui c'è un articolo scritto a quattro mani con Paola Marani e pubblicato sul sito del Forum Welfare del PD di Bologna.

sanitàerIl sistema di welfare costruito in questi anni nella nostra Regione non è servito solo a garantire coesione sociale ma è stato un indispensabile fattore di sviluppo e di competitività.

Il sistema sanitario nella sua evoluzione di forte integrazione con l'assistenza ed il sociale, si è in questi anni misurato con il calo costante di risorse a fronte degli effetti della crescita e della trasformazione della domanda provocati dalla crisi economica e dai cambiamenti socio-demografici.

Tutto ciò sta mettendo e metterà sempre più a dura prova l'universalità ed equità del nostro sistema sanitario, l'offerta dei livelli essenziali delle prestazioni, la qualificazione dell'offerta con l'adozione di nuove tecnologie e nuove cure.

La consapevolezza che il nostro sistema sanitario regionale non poteva rassegnarsi a sopravvivere con sole misure di razionalizzazione della spesa per non cadere nel commissariamento (lo sono in Italia 10 regioni su 21), è la molla che ha avviato qui importanti processi di cambiamento, ben prima dei provvedimenti nazionali.

E' partendo dai bisogni della popolazione più fragile, prevalentemente anziana, che necessita di assistenza continua per patologie croniche e multiple e costretta a ricorrere in modo inappropriato all'ospedale, che occorre riprogettare un'assistenza territoriale, domiciliare o nella prossimità dei luoghi dove vivono le persone. Le Case della Salute rappresentano il perno di un sistema di servizi socio-sanitari capace di garantire prossimità ed integrazione e i medici di medicina generale sono protagonisti del sistema.

Non possiamo nasconderci che permangono criticità e sovente i cittadini faticano a riscontrare i miglioramenti attesi. Per questo occorre intervenire sulle lungaggini nella realizzazione degli investimenti necessari, sui problemi normativi legati alla convenzione nazionale dei medici di medicina generale ed anche sulle difficoltà di adesione culturale ad un nuovo modello di assistenza di base.

Le misure adottate negli anni per migliorare i tempi di attesa soprattutto nella diagnostica e nella specialistica ambulatoriale non hanno prodotto gli effetti sperati. A fronte del ricorso pressoché obbligato per molti cittadini al mercato dell'offerta privata, occorre verificare l'equilibrio fra professione in regime pubblico e libera, vanno sviluppate le iniziative tese a massimizzare l'utilizzo delle attrezzature di ospedali ed ambulatori pubblici, va verificata l'efficacia nell'adozione dei PDTA (percorsi diagnostico, terapeutici, assistenziali) studiati per le patologie più complesse per garantire presa in carico e continuità assistenziale nei tempi e nelle equipe mediche di riferimento.

Il piano di riordino della rete ospedaliera ha preceduto, nell'attuale fase di avanzata attuazione nell'area bolognese, le disposizioni contenute nel patto per la salute approvato dalla Conferenza Stato-Regioni. L'aver definito il ruolo dei diversi ospedali, sviluppato le reti anche a valenza sovraprovinciale, introdotto in molti ospedali un'organizzazione per intensità di cura modulata sulla complessità del bisogno assistenziale, ci pone oggi in una situazione di maggior forza.

Dobbiamo però riconoscere e recuperare le sfasature organizzative, comunicative e talvolta le lacune non preventivabili che questi processi comportano. I nuovi modelli non devono ad esempio comportare che venga meno il rapporto personale e fiduciario fra medico e paziente. Viceversa, occorre sfruttare fino in fondo la maggior flessibilità da essi consentita per definire nuove risposte a vecchi e nuovi bisogni sanitari, evitando di rimodellare l'esistente rassegnandosi ad innovazioni solo a seguito di pensionamenti.

Sul piano strutturale, occorre un impegno straordinario nei prossimi anni per completare gli adeguamenti richiesti dagli standard autorizzativi di accreditamento: molte strutture della città e della provincia di Bologna sono già state pienamente adeguate, ma ci sono ancora sforzi importanti da fare, a partire dal policlinico S. Orsola-Malpighi, il più grande ospedale pubblico del nord Italia, che ha un 70% delle superfici ancora da adeguare.

Infine, è essenziale il coinvolgimento di tutti i professionisti e la loro attiva partecipazione ai processi di cambiamento, anche alla luce del ruolo fondamentale che in queste trasformazioni giocano le nuove professioni sanitarie. Una loro piena partecipazione è la condizione perché si possa mantenere un forte senso di comunità e promuovere un nuovo approccio culturale capace di coinvolgere gli operatori ed attraverso di loro arrivare ai cittadini.

Paola Marani e Giuseppe Paruolo

Quale futuro per la sanità di Bologna e dell'Emilia Romagna?
Giuseppe Paruolo

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