Il riflettore acceso dal
fuorionda di Giovanni Favia sulla natura del Movimento 5 Stelle sta
facendo molto discutere. Ma dopo aver letto molto di quanto scritto
da commentatori, politici e popolo della rete, mi resta la sensazione
che l'aspetto più significativo della questione continui a non
essere colto. Tutti sottolineano che le parole di Favia dimostrano un
evidente problema di democrazia interna e fanno emergere una lotta di
potere fra esponenti (e gruppi) del M5S, nonché il ruolo centrale di
Gianroberto Casaleggio accanto (o dietro) a Beppe Grillo. Tutto vero,
ma non basta.
Ora, che vi sia un
problema di democrazia interna in una formazione politica guidata da
un leader (o meglio un dominus) che nel suo blog scrive che nel
movimento “uno vale uno” e poche righe sotto procede ad
un'espulsione con un semplice post scriptum, mi pare che sia di una
evidenza lapalissiana. E' un problema comune anche ad altre formazioni
politiche, quelle nate o finite sotto l'ombrello di un
leader-padrone. Come si possa professarsi democratici militando in
partiti che negano la contendibilità della propria guida, è uno
dei misteri un po' inquietanti della politica italiana, ma per
accorgersi che il tema riguarda in pieno il M5S non occorreva
attendere il fuorionda di Favia. Che poi vi sia una contrapposizione
interna fra Favia e Casaleggio non mi pare di per sé una notizia
particolare, come pure l'emergere del ruolo privilegiato di
Casaleggio come consigliere di Beppe Grillo. Sono dinamiche
abbastanza diffuse, e il M5S non fa eccezione.
Il punto che io ritengo
più significativo della vicenda è un altro: il M5S è un movimento
politico in crescita di consensi, ed è naturale in un contesto di
competizione democratica che la crescita porti a strutturarsi. E' una
dinamica che riguarda tutti i partiti, anche quelli che difettano di
democrazia interna. L'opposizione in democrazia non è una condizione
permanente, ma deve essere vissuta come una fase propedeutica alla
sfida per governare, e per questo è naturale la tensione verso una
organizzazione di programmi e di persone capace di essere
potenzialmente all'altezza della sfida.
Il fatto è che chi nel
M5S ha mostrato questa tendenza ad organizzarsi, a connettere persone
ed esperienze, è stato finora sistematicamente fermato. Favia,
Tavolazzi ed altri si davano da fare per crearsi una rete e dei
riferimenti, e questo li ha portati in rotta di collisione con lo
schema di Casaleggio. Non perchè fosse una organizzazione
conflittuale con una rete di altre persone preferite da Grillo e
Casaleggio: al contrario, la sensazione che si ha guardando
dall'esterno è che loro non vogliano affatto che nasca una
organizzazione politica capace di lanciare la sfida per governare. In
questo senso si può leggere la scelta dei meetup come indipendenti e
separati e il divieto di andare in TV.
Credo sia dunque
legittimo ed opportuno porsi la domanda di quale sia l'obiettivo cui
tendono gli strateghi del M5S. Dal Vday in qua è chiara la linea di
attacco distruttivo ai partiti tradizionali e alle loro storture,
con critiche a volte giuste e a volte no. Ma al di là della
demolizione qual è la prospettiva nel caso di una loro affermazione?
Guardando alle suggestioni evocate da Casaleggio, puntualmente
riportate dai commentatori ma senza che nessuno le prenda mai sul
serio, è evidente che lo schema di gioco che ha in mente è
un'alternativa tecno-futuribile che non solo si discosta dai modelli
tradizionali ma che non fornisce nemmeno alcuna garanzia di essere
contenuta nell'alveo della democrazia. Trovo la cosa francamente preoccupante.
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