[Ho scritto questo articolo per Il Mosaico all'inizio di dicembre, prima delle ultime espulsioni. Qualcuno che lo aveva letto mi ha detto che avevo visto avanti, e che le ultime vicende mi danno ragione in modo evidente. Io invece ho ancora l'impressione che se ne parli molto senza cogliere il punto...]
E' del 2009 l’elezione a Bologna del primo consigliere
comunale grillino e a ripensarci non pare vero siano passati solo tre anni. Un
anno dopo, nel 2010, si è parlato di exploit per la conquista di due seggi nel
Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna. Cosa dovremmo dire ora che in Sicilia
il candidato delM5S ha preso il 18% dei voti
e sono stati eletti 15 consiglieri?
I media per diversi
anni hanno deliberatamente ignorato il movimento che stava prendendo corpo. Ora
invece ne parlano molto, occupandosi di vari aspetti ma soprattutto di se
stessi, ovvero del rapporto fra movimento e mondo dei media. Del M5S parlano male, per lo più, ma con gli
stessi effetti del silenzio dei primi anni: il movimento prosegue la sua finora
inarrestata ascesa. Ma proviamo a mettere un po’ di ordine.
L’offerta politica dei grillini miscela elementi diversi:
molte critiche (spesso sacrosante) alle storture italiche indotte o tollerate
dalla politica; il linguaggio violento, offensivo e incline al turpiloquio di
Beppe Grillo; la freschezza e in generale la buona volontà dei ragazzi che si
candidano nelle liste M5S; un programma fatto di pochi punti a forte impatto
(alcuni pienamente condivisibili, altri meno) e che si tiene attentamente alla
larga da diversi argomenti: soprattutto evita questioni che potrebbero
risultare discriminanti sull’asse destra-sinistra, in modo da poter pescar voti
dai delusi di entrambi gli schieramenti.
Ma ciò che soprattutto fa discutere è la democrazia interna al M5S, i diktat di
Grillo e il ruolo di Casaleggio. Sul set si susseguono gli episodi:
l’espulsione di Tavolazzi, il fuorionda di Favia, il caso Salsi-Ballarò, lo
scontro Bugani-Favia e altri ancora. L’acuta deduzione è che nel M5S non c’è
davvero democrazia e che Grillo (o meglio Casaleggio dietro di lui) è di fatto
un tiranno.
Ora, che vi sia un problema di democrazia interna in una
formazione politica guidata da un leader (o meglio un dominus) che nel suo blog scrive che nel
movimento “uno vale uno” e poche righe sotto procede ad un’espulsione con un
semplice post scriptum, mi pare che sia di una evidenza lapalissiana. Tutti i
giornali e le tv lo dicono, però non succede assolutamente nulla.
D’altra parte, c’è democrazia nel PDL di Berlusconi? C’è
democrazia nelle varie formazioni politiche nate o finite sotto l’ombrello di
un leader-padrone? Come si possa professarsi democratici militando in partiti
che negano la contendibilità della propria guida è uno deimisteri inquietanti
della politica italiana. Sta di fatto che l’assenza di democrazia interna è una
caratteristica talmente comune che accusarne il M5S è un’arma spuntata, e come
si vede inutile. E così continuerà ad essere fino a quando non riusciremo a
fare crescere una sincera coscienza democratica nel nostro paese.
Per questo il punto che io ritengo più significativo è un
altro, e riguarda l’obiettivo che il M5S si prefigge. Già, perché in tutta
questa discussione sui mezzi, si perde di vista il fine. Quale è lo scopo? Che
il M5S abbia l’obiettivo di abbattere l’attuale sistema dei partiti è infatti evidente,
ma per sostituirlo con cosa? Non è chiaro. Anzi, comincia ad essere chiaro che
la soluzione che hanno in mente i padroni del M5S non è una soluzione di
democrazia tradizionale, e forse nemmeno democratica tout-court.
Quale è infatti il motivo dello scontro fra Casaleggio e il
gruppo degli emiliani rappresentato da Favia, Tavolazzi, la Salsi ed altri?
Stavano semplicemente costruendo una rete di relazioni interna al M5S. E’ una
tendenza naturale in democrazia quella di cercare di strutturarsi, partire da
una condizione di opposizione per costruire una proposta di governo e una
organizzazione in grado di sostenerla. Capita naturalmente che reti e cordate concorrenti
entrino in conflitto fra loro, ma nel M5S non c’è nessuna altra cordata: i
gruppi locali sono pienamente autonomima sostanzialmente non collegati fra loro
se non attraverso il dominus del movimento. Per questo l’alt a Favia e
Tavolazzi ha il sapore dell’alt a qualunque rete di relazione interna al M5S.
Vogliamo parlare del limite dei due mandati nel M5S?
D’accordo, gli italiani hanno tutte le ragioni di essere stanchi di
parlamentari di lungo corso e di partiti che pongono limiti teorici al numero
di mandati senza poi rispettarli. Ma vi pare normale una regola che dica due
mandati in qualunque istituzione e poi basta? Significa nessuna esperienza sia
per il neo consigliere di quartiere (e ci sta) che per il neo parlamentare: follia
pura.
E l’autoriduzione dello stipendio? Anche qui, lo spettacolo
dei casi Fiorito e similari è indecente, e serve una svolta di sobrietà che
ristabilisca livelli retributivi ragionevoli per la classe politica. Ma fissare
stipendi molto bassi, oltre a lisciare
il pelo all’indignazione popolare, ha anche l’effetto di escludere persone che
legittimamente nella loro professione hanno stipendi più alti. È un modo di
selezionare una classe politica di basso livello: gli metti in mano una
telecamera e gli dici di filmare il suo vicino in aula mentre legge il giornale
o si mette le dita nel naso e via andare. Se poi per caso ti sfugge il controllo
dell’eletto, gli puoi sempre ricordare che è un ex-magazziniere, come ha fatto
Grillo con Favia.
Tutti questi elementi hanno un significato univoco: ai
padroni del M5S non interessa costruire una classe politica capace di governare
davvero. Li lasciano liberi sul piano locale, ma impediscono che si connettano
fra loro. Li mettono sul palco delle piazze per prendere i voti, ma non
vogliono che vadano in TV. Decidono regole sui mandati e sugli stipendi non
solo per marcare una differenza, ma anche per non fare crescere personalità
politiche di spessore all’interno del movimento. Manderanno in Parlamento un piccolo
esercito di neofiti, completamente asserviti ai voleri di Grillo e Casaleggio.
Ogni tanto qualcuno cita le suggestioni tecno-futuristiche
di Casaleggio, che in sostanza prevede che Internet sostituisca democrazia e
poteri attuali. Non come i Piraten, che usano Internet per costruire democrazia,
Casaleggio parla di Internet come alternativa alla democrazia, spero sia chiara
la differenza, al di là del corredo di guerre mondiali e sterminio della
popolazione. Lo citano sempre senza prenderlo sul serio, e anche i militanti
del M5S non se ne preoccupano più di tanto. Forse non è una buona idea.
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