mercoledì 27 febbraio 2013

Serve un cambiamento più forte e più convincente

Il risultato delle elezioni, i rischi di ingovernabilità e la delicatezza politica della situazione sono sotto gli occhi di tutti. Per affrontare la fase che ci attende occorre anzitutto capire bene perché il PD abbia fallito il proprio obiettivo di dare un governo stabile e credibile al Paese, e solo su questo dico la mia. Per farlo evito di commentare il dettaglio dei risultati, la cui evidenza lascia peraltro poco spazio ad eufemismi e politichese. 
Salto considerazioni amare sulla poca lungimiranza di chi si è perso all’inseguimento di forze rivelatesi alla prova del voto irrilevanti senza invece cogliere opportunità concrete o intercettare fenomeni nelle urne assai più robusti. Evito di entrare nel trip antipatico del “cosa sarebbe successo se” perché abbiamo fatto le primarie e sostenuto lealmente chi le ha vinte, anche se è apprezzabile che ci sia chi sta rivalutando la situazione alla luce dell’evidenza dei fatti. Ma se si vuole guarire è fondamentale azzeccare la diagnosi. 
In questo senso trovo preoccupante la miopia di commenti che sto ascoltando o leggendo in queste ore. C’è chi dà la colpa agli elettori, vagheggia espatri e dice che gli italiani si meritano il peggio. C’è chi sostiene che gli elettori di Berlusconi sono tutti irriducibili che lo avrebbero votato in ogni caso. C’è tutto un filone sull’antropologia del grillismo, quando per capirne la forza basterebbe comprendere meglio i nostri errori. C’è infine chi sostiene che abbiamo pagato il sostegno al governo Monti, e francamente non si capisce come si possa tenere insieme la critica ai populismi di Grillo e Berlusconi e rammaricarsi in sostanza di non aver gareggiato abbastanza in populismo con loro (come se non fossero bastate tutte le promesse sull’Imu e similari che si sono ascoltate in questa campagna). Il fatto è che c’è una legge di domanda-offerta anche nel voto elettorale. 
E’ evidente che la domanda di cambiamento era (è) enorme, e invece l’offerta di cambiamento con cui come PD e coalizione ci siamo presentati è stata da tanti giudicata inadeguata. Questo è il punto. Ma come, abbiamo fatto le primarie, alcune vecchie glorie non si sono ricandidate, abbiamo fatto le primarie anche per i parlamentari, non è bastato? No, non è bastato: segnali giusti, ma non sufficienti. Avanti dunque, con un rinnovamento più forte e più convincente.

mercoledì 20 febbraio 2013

Cup2000, gioiello o in crisi?

[Mio articolo scritto all'inizio di febbraio e uscito da poco sul portale BoDem]
Cup 2000 è un fiore all’occhiello oppure una realtà in crisi? La domanda sorge spontanea leggendo ciò che periodicamente emerge sui media a proposito di questa azienda del sistema pubblico regionale operante nel campo dell’informatica sanitaria. 
Capita infatti di sentir magnificare i suoi livelli di eccellenza, il contenuto innovativo dei prodotti e dei servizi offerti, o viceversa giungono notizie preoccupanti che rivelano la difficoltà a garantire un futuro sicuro all’azienda e ai suoi 600 dipendenti. Ultimo capitolo a metà dicembre scorso, con l'ipotesi di internalizzare parte degli sportellisti nelle aziende sanitarie per far fronte alla spending review. Si è parlato anche di una possibile quotazione in borsa della società, poi si è rimandata ogni decisione perché prima occorre mettere a punto un piano industriale. 
Attendiamo quindi che il discorso riprenda, sperando che stavolta si riesca a superare quel dialogo fra sordi che di solito si realizza dividendosi fra loquaci amici del Cup2000, impegnati a lodare la società sostenendo tutte le idee dei suoi vertici, e più taciturni critici intenti a mettere paletti o a chiudere i rubinetti. Serve un dibattito aperto, ampio, capace di riconoscere luci ed ombre, meriti e criticità, e soprattutto capace di definire le prospettive di sviluppo. 
Per farlo occorre anche il coraggio di porsi domande chiare ed affrontare questioni un po' scomode, ma che sono essenziali se si vuole affrontare davvero il merito della vicenda. Ne elenco alcune. 
Non stiamo parlando di una delle tante aziende private del territorio che si rapporta con le istituzioni (a volte l'immagine sembra quella) ma di una proprietà pubblica: che la stesura del piano industriale sia stata in pratica delegata alla stessa società indica che le istituzioni se ne occupano prevalentemente in una logica “di rimessa”, e non è un buon segno. 
Se è vero, come è vero, che i servizi di Cup2000 sono fondamentali per il sistema sanitario, occorre chiedersi perché sono così poche le aziende sanitarie della nostra regione che – pur essendone socie – ne utilizzano i servizi in modo ampio, mentre molte altre provvedono altrimenti. 
La continuità ormai ultraventennale di direzione ha portato sicuramente stabilità, ma un così lungo blocco del ricambio ha anche aspetti negativi, soprattutto se si tiene in considerazione che si tratta di una azienda a capitale pubblico gestita in modo privatistico. 
Di cosa si deve occupare Cup2000? Quali i servizi su cui deve concentrare i suoi sforzi, con quali priorità? Quale la relazione con altre società pubbliche operanti in settori contigui? Se ci fossero risposte chiare a queste domande, si potrebbe riaffermare la validità della scelta della società in-house, concentrandosi sul core business socio-sanitario, riuscendo a migliorarne la qualità e ridurne i costi, potendo però contare sull’utenza di tutto il bacino regionale. 
Viceversa, l'assenza di una prospettiva chiara spinge verso la logica dell’arrangiarsi, quindi a cercare le commesse in campo aperto anche uscendo dal settore socio-sanitario e facendo ipotesi di quotazione in borsa. 
Facendo un passo in più, la domanda di fondo non è solo quale futuro per Cup2000, bensì quale ruolo si vuol dare all’information technology in campo socio-sanitario. Una prospettiva chiara ed innovativa avrebbe un impatto significativo su organizzazione, qualità e costi del sistema, e chiarirebbe a tutti che di una azienda pubblica adeguata a questa missione abbiamo davvero bisogno. 
Insomma, ci sarebbe molto lavoro da fare, e le istituzioni sono chiamate a dare risposte chiare e convincenti. Sarà la volta buona?

lunedì 4 febbraio 2013

Escursionismi

Il progetto di legge sulla rete escursionistica regionale ha visto stamattina una lunga ed intensa udienza in cui decine di associazioni hanno espresso pareri e dato suggerimenti. Fatto salvo che una dicitura poco felice nella prima stesura ha rischiato di essere letta come problematica nei confronti degli amanti della mountain bike (con un riferimento impoprio al downhill che modificheremo), esiste invece ed è emerso con chiarezza anche stamattina il tema della relazione fra chi fruisce dei sentieri usando l'energia delle proprie gambe (a piedi o in bicicletta che sia) e chi invece utilizza mezzi a motore
Credo vi siano tutte le premesse per cercare di venire incontro alle diverse esigenze e sollecitazioni, garantendo a tutti uno spazio di fruibilità e cercando di armonizzare le diverse modalità con la tutela della natura, il miglioramento della sentieristica e l'incentivazione al turismo. Per questo sarà importante dialogare e collaborare con le diverse associazioni rappresentative, ed è un bene che stamattina ci sia stata una chiara dimostrazione di interesse al dialogo da parte di tutti o quasi. Però è un percorso che va fatto nella verità e senza sostenere che le diverse forme di fruizione siano tutte uguali o paragonabili: una cosa è chi va a piedi o in bicicletta, altra cosa sono i mezzi a motore. Anche questa è una questione di buon senso.