venerdì 29 giugno 2007

Una conferenza segreta

Come rendere la città più sicura e più vivibile per i cittadini? Può la tecnologia essere d'aiuto? Mettere telecamere di sorveglianza è una soluzione? Quali problemi la videosorveglianza può effettivamente risolvere? E quali questioni di rispetto della privacy e dei diritti personali invece apre, e come affrontarli? Quali reti di supporto sono necessarie dal punto di vista tecnologico? E come possiamo assicurarci che la tecnologia che introduciamo sia di per sè non problematica per la salute delle persone?

Questi sono alcuni dei temi principali discussi ieri ed oggi nella conferenza del Forum Società della Conoscenza della rete Eurocities che si è tenuta a palazzo Re Enzo qui a Bologna.
Va bene, lo ammetto, non è facile raccontare cose che nell'immaginario collettivo rischiano di apparire lontane e che indubbiamente sono complicate. Ma è poi giusto che sui giornali locali passi sotto silenzio un approfondimento ed un confronto per cui si sono arrivate persone da Germania, Francia, Inghilterra, Belgio, Olanda, Islanda, Norvegia, Svezia, Finlandia, Austria, Russia, Turchia, Grecia, Spagna, e via elencando?


Photo: Môsieur J.

Forse mi illudo, ma ho sentito e visto cose in questi due giorni di lavori che - secondo me - ai cittadini bolognesi potrebbero interessare.

E' facile capire che se c'è un software che guarda le immagini e fa vedere all'operatore solo le sequenze anomale è molto più semplice che dovendole guardare una per una: è un passaggio chiave che consentirà la proliferazione delle telecamere ed il loro effettivo utilizzo in tempo reale (e non come ora, andandosi a rivedere i filmati nelle indagini per i reati gravi). Meno facile è comprendere come distinguere una sequenza di una rapina, magari senza che l'arma sia bene in vista, da un cliente che entra in banca per fare una normale operazione. O come individuare un episodio di violenza in una stazione della metropolitana. Comunque la tecnologia sta evolvendo, presto sarà pronta ed utilizzabile: quali sono le nostre priorità?

Nel frattempo ci sono città che si sono già dotate di sistemi abbastanza all'avanguardia. A Stoccolma stanno lavorando soprattutto su autobus e metropolitana. Nel quartiere di Westminster, a Londra, usano le telecamere sia per la sicurezza che per fare le multe...

Ma quanto restano le immagini negli archivi, e di chi? Quali altri database ospitano informazioni su di noi? Quante di queste basi di dati sono raccolte effettivamente in modo neutro, e quante invece contengono già dentro di sè impliciti ma chiari elementi di discriminazione? E quale strada adottare per evitare che la situazione sfugga di mano, e dati che si cumulano con altri finiscano per creare una società digitale sotto il segno di una disuguaglianza inaccettabile? E' il momento di promuovere una dichiarazione dei diritti digitali dell'uomo?

E ancora: nella crescita dei diversi mezzi di comunicazione, come possiamo essere certi che l'inquinamento elettromagnetico non raggiunga livelli tali da compromettere la salute delle persone? Quali esperimenti scientifici si stanno conducendo? E come si stanno orientando gli organismi europei ed internazionali?

Sono nodi da sciogliere se vogliamo davvero che le nostre città - Bologna compresa - progrediscano nel giusto equilibrio. Per questo è importante lavorarci. Anche se ci sono poche dichiarazioni del teatrino politico, nessuna attenzione dei giornali, e i cittadini rischiano di non saperne niente. Almeno fino a quando poi la realtà ci viene incontro, e magari (guarda che sorpresa) non è proprio come avremmo sperato che fosse...

sabato 23 giugno 2007

Rispetto, zona grigia e Partito Democratico

Dopo il caso del titolo offensivo sulla Madonna, si è aperto un tormentone e saltano fuori nuovi casi che fanno discutere, ultimo quello di una mostra contenente una versione "rivista" dei 10 comandamenti.
Come spesso capita si mischiano questioni vere, convincimenti diversi, ma anche interessi convergenti per drammatizzare il tema ed andare allo scontro, di cui a volte anche i giornali si rendono interpreti cointeressati.
Intervengo ancora sul blog su questo tema, poi spero davvero di potermi dedicare ad altri argomenti.

Intanto dico subito che l'ormai famoso titolo sulla Madonna è di un'altra categoria: un'offesa gratuita e inaccettabile, punto. Chi (anche fra i commentatori di questo blog) si ostina a difenderlo per provocare, non merita considerazione.

E' quindi buonsenso riconoscere che gli altri casi (oggi quello dei 10 comandamenti) si collocano in una zona grigia: ossia, su essi possono esserci pareri diversi. Da una parte c'è chi può viverlo come un'offesa, dall'altra chi lo reputa semplicemente libertà d'espressione.

La coscienza di essere in una zona grigia, dovrebbe spingere ad una maggiore cautela. Nel dubbio, astenersi. Se la zona grigia fosse "demilitarizzata" non sarebbe meglio per tutti? Nell'esempio del giorno, se Arcilesbica voleva organizzare una mostra, avrebbe potuto opportunamente fare a meno di andare a toccare questioni a sfondo religioso.

Viceversa, se la zona grigia viene vissuta come uno spazio da conquistare, per sfidare i sentimenti di chi la pensa diversamente fino a sfiorare il limite della bestemmia da un lato, e il limite della censura dall'altro, è chiaro che ci troveremo di fronte ad una violenta contrapposizione ed uno scontro invece del dialogo.

Più specificamente, ci troveremmo di fronte ad una guerra di religione. Io francamente non ne sento un grande bisogno, per usare un eufemismo.


Ma siccome (diceva quel tale) a pensar male si fa peccato ma spesso ci si prende, soprattutto in politica, non vorrei che ci fosse qualcuno che quel bisogno invece lo sente.

Chissà perchè, mentre è finalmente in dirittura d'arrivo la costituzione del Partito Democratico, c'è tutta questa attività da fronti contrapposti ma uniti nell'interesse a fare sì che l'incontro di culture che il PD può significare non riesca ad accadere.

Da un lato si moltiplicano le provocazioni più o meno riconducibili a settori che si collocano nella sinistra radicale e che vedono nel PD il rischio di un annacquamento del laicismo a loro tanto caro.
Dall'altro si moltiplicano le campagne di moralizzazione, la ricerca di contraddizioni fra i "valori non negoziabili" e l'azione amministrativa del centrosinistra a vari livelli.

Insomma, mi pare che ci sia chi lavora per un ritorno al passato, con una contrapposizione old-style fra la destra clericale e la sinistra anticlericale. Ci sono diversi nostalgici degli schemi in voga nel secolo scorso (ma anche in quello precedente) che così si sentirebbero rassicurati...

Viceversa, c'è chi - come chi scrive - è impegnato per la costruzione di una proposta riformista rispettosa dei valori dei cattolici, della sinistra, ed anche di tanto "nuovo" che fa fatica ad essere etichettato negli schemi del passato. Noi vogliamo costruire il Partito Democratico.
E alle guerre di religione, rispondiamo: no, grazie.

mercoledì 20 giugno 2007

Questione di sfumature

Spesso il rapporto politici-giornalisti è molto particolare. Gli uni hanno bisogno degli altri, quindi ci si vede, si parla, si fa gli amiconi, salvo che è meglio tenere conto che ogni parola che dici potrebbe essere usata contro di te.

Quante volte capita di rileggersi sul giornale e pentirsi per l'unica frase che avresti fatto meglio a non dire, o a dire in modo diverso, e che naturalmente è l'unica riportata nell'articolo mentre le altre ottime cose che avevi detto sono state con grande naturalezza cestinate?
Ma se la frase l'hai detta non puoi farci niente, tranne imparare a tenere a freno la lingua la prossima volta...

A volte però capita che l'esigenza di sintesi (diciamo così) del giornalista giochi dei brutti scherzi. Perchè rendere lo stesso concetto in modo più sintetico, fa sì che si perdano delle sfumature...

L'esempio sul giornale di oggi è il breve riassunto di una raffica di domande che un'ottima giornalista mi ha fatto sulla presenza di cattolici nelle istituzioni.

Ad un certo punto ho detto una frase di questo tipo: "Bisogna distinguere i ruoli. Personalmente penso che la fede non vada nascosta ma nemmeno ostentata". La giornalista a quel punto mi ha chiesto: "Allora non sei un teodem?". E io: "No".

Oggi sul giornale c'è: "Bisogna distinguere i ruoli. Non mi nascondo ma non sono un teodem". Ad un lettore fine non sfuggirà che quella che era una risposta fattuale ad una domanda precisa è diventata un'affermazione un po' sprezzante nei confronti di quei cattolici in politica che si fanno chiamare teodem. Questione di sfumature, appunto...

martedì 19 giugno 2007

La Madonna piange

Faccio fatica anche a dirlo, e non chiedetemi di scriverlo: dire che quel titolo è offensivo è davvero dire poco. Chi crede, legge una cosa del genere e pensa che davvero la Madonna abbia motivo di piangere. Per tutti gli altri, basta sostituire la Madonna con la propria madre per poi fare tutte le considerazioni del caso.

Prima osservazione: ma come si fa a dire una cosa del genere? Spesso il male consiste nel cedere ad una tentazione, di per sé invitante, che però è meglio non assecondare. Ma qui è diverso! Per esempio, se mi dicono che qualcuno ha fatto indigestione di crema pasticcera, mi immedesimo: sarebbe una tentazione anche per me. Se mi parlano di una indigestione di porcini, visto che non mi piacciono i funghi, non mi immedesimo ma comprendo che ad altri possano piacere. Ma qui è come se mi dicessero che qualcuno ha fatto indigestione di letame: trovo la cosa, oltre che inaccettabile e disturbante, anche fuori da ogni senso.

Seconda osservazione: la polemica politica si nutre anche di questo, e infatti c'è chi ha iniziato a mettere in fila il caso del finanziamento al festival Gender Bender, la statuina di Moana nel presepe di Wolfango, le contestazioni davanti alla cattedrale e questo caso, per affermare che siamo di fronte ad un sentimento antireligioso addirittura da parte delle istituzioni. Si tratta di un'affermazione falsa, o per meglio dire (visto il tema) che non sta né in cielo né in terra, con un chiaro intento di strumentalizzare a fini elettorali cose molto diverse. Ma è proprio un danno culturale quello che si fa con questi paragoni. Una cosa sono questioni opinabili e discutibili, in cui magari non si è d'accordo ma si comprende che anche un punto di vista diverso dal proprio ha una propria rispettabilità. Altro è una protesta irrispettosa ma in cui la mancanza di rispetto è per l'appunto strumentale. Questo è un altro caso ancora: è un'offesa voluta, deliberata, è oltre, molto oltre, troppo oltre.

Terza osservazione: molti rappresentanti istituzionali ci sono rimasti davvero male, vedendo che avevano involontariamente contribuito a sostenere e patrocinare una cosa del genere, e giustamente si è provveduto immediatamente a stopparla. Non voglio prendermela direttamente col Presidente del quartiere San Vitale. Però è anche giusto riconoscere che qualche riflessione occorrerà pur farla. Qualche provvedimento bisognerà pur prenderlo. Alcuni orientamenti forse vanno, se non rivisti, almeno meglio calibrati. Perché una cosa del genere, sia chiaro, non deve più accadere.

giovedì 14 giugno 2007

Le lagne del Carlino

Sul Carlino di oggi trova parecchio risalto la lamentela per gli aumenti delle tariffe dei parcheggi legate al maggior costo sul parcheggio dell'ex-manifattura tabacchi indotto dal ritrovamento negli scavi di una diga medioevale.

Il concetto alla base del ragionamento proposto dal giornale è: che colpa ne hanno i cittadini se è stata ritrovata una diga negli scavi, perchè devono pagare loro il costo aggiuntivo? E, tanto per affrontare il tema senza esagerare, il titolo dice: "Aumento indegno: si paga anche l'aria".

Avrei alcune domande banali da fare: ma di chi è allora la colpa del ritrovamento della diga? a chi bisognava far pagare i costi aggiuntivi? e poi di chi è il Comune se non dei cittadini?
Naturalmente non si tocca l'unico tema che avrebbe potuto essere evocato in modo ragionevole, e cioè quale proposta alternativa per la copertura del costo poteva essere considerata.


Sfogliando qualche pagina, si trova con ottimo risalto l'intervista ad un ex allievo delle Aldini Valeriani che proclama l'intenzione di lottare contro la cessione dell'istituto allo Stato. Naturalmente nel testo non si parla dell'ipotesi realmente allo studio, che prevede una valorizzazione dell'istituto anche attraverso il finanziamento statale, ma si usano toni come "il Comune lo svende". Nè si ricorda il fatto che i cittadini di Bologna oggi pagano per intero i costi della scuola, che per circa il 50% è frequentata da alunni provenienti da fuori città.

Riassumendo: prima ci si lamenta di un imprevisto da 3,7 milioni di euro negli scavi di un parcheggio, sbuffando per l'inevitabile maggiore onere per i cittadini; poi ci si lamenta del tentativo dell'amministrazione di far calare il costo annuale (18 milioni) sostenuto per le Aldini, ossia di un minore onere per i medesimi cittadini, peraltro senza svilire la scuola ma trovando per essa finanziamenti diversi.
Un po' incoerente, no? Ma niente paura, le lagne non hanno bisogno di coerenza...

domenica 10 giugno 2007

E' questa l'estrema sinistra?

Come trattare la richiesta di qualche centinaio di attivisti dei centri sociali che si presentano in stazione e reclamano di andare in treno a Roma per la loro manifestazione a prezzo politico ridottissimo, preferibilmente gratis, minacciando di bloccare la circolazione dei treni (oltre ai pesanti disagi comunque inflitti a tutti gli altri passeggeri)?

Con la ricetta legge e ordine (pagate il vostro biglietto, altrimenti pedalare), o con la riduzione del danno (eccovi il vostro treno, e smettete di rompere le scatole a tutti)? Oppure con un compromesso come quello raggiunto ieri a Bologna, ossia qualche parvenza di biglietto e molti occhi chiusi per far finta di non vedere, un po' di disagi per gli altri passeggeri, scontri evitati e rivendicazioni simmetriche di vittoria da parte di Trenitalia (hanno pagato il biglietto) e dei manifestanti (abbiamo ottenuto di andare a Roma con pochi spicci e una manciata di biglietti)...

Chiaro che stamattina, leggendo i giornali, anch'io come credo la stragrande maggioranza dei lettori mi sono immedesimato in quei poveri passeggeri che hanno dovuto patire ritardi di ore, e in quel che sicuramente hanno pensato durante l'attesa. Ma comprendo anche Trenitalia e Questura, alla ricerca di salvare la capra della legalità e i cavoli dell'ordine pubblico…

Ma soprattutto mi hanno colpito le dichiarazioni trionfalistiche dei leader dei manifestanti, che rivendicano la vittoria. Una volta, mi pare di ricordare, anche la sinistra estrema sosteneva di battersi per i diritti dei più deboli. In questo caso, il tema avrebbe dovuto essere il costo del biglietto ferroviario per gli indigenti. Invece, qui si tratta del loro biglietto e basta. Che differenza c'è coi tanti furbastri, manipoli di ultras calcistici ed altra varia umanità che viaggia senza pagare il biglietto? Forse che qui lo rivendicano come un diritto politico. E inoltre, siccome loro hanno alto il concetto della propria dignità, non hanno voluto accettare la regalia dei pullman messi a disposizione dai partiti: hanno voluto prendere proprio il treno. Tanto, chi paga?

sabato 9 giugno 2007

Premesso che la questione è prematura

A volte i giornalisti ci interpellano su temi importanti e pertinenti. Non sempre, però. Capita anche che la domanda contribuisca ad alimentare un dibattito (o una polemica) che uno può ritenere non particolarmente costruttivo. Oppure che tenda ad anticipare un tema prematuro.

In questi casi, spesso la risposta che diamo tende ad essere questa: "Premesso che la questione è prematura, bla bla bla". Ossia se ne parla tranquillamente, spesso cadendo in splendidi trappoloni, ma la premessa testimonia la coscienza che non era il caso di parlarne.

Bene, in quei casi penso si possa mantenere in parte la struttura della risposta. Si può infatti rispondere così: "Premesso che la questione è prematura." Punto. Riga. Stop.

mercoledì 6 giugno 2007

Una riunione a Roma

Sto tornando in treno da Roma, reduce da un incontro della Commissione Innovazione all’ANCI.

Questo incipit, apparentemente tranquillo, è invece pericoloso e foriero di guai, perché condensa in una frase un insieme di parole chiave che un politico furbo dovrebbe evitare di usare.

Infatti se provate a dirlo, nel mio caso per esempio, agli amici del calcetto, la reazione sarebbe (sarà) la seguente:
a) Ah sei andato in giro (coi nostri soldi) invece di stare "sul pezzo" qui a Bologna.
b) Sei andato a Roma, ossia un posto dove per definizione si combina poco e niente.
c) Voi politici siete sempre dietro a parlare, invece di risolvere i problemi concreti.
d) Tutte queste commissioni, a cosa servono? (sottinteso: niente)
e) Cos’è l’ANCI? (Variante per chi lo sa: a che serve l’ANCI? sottinteso: niente)

Se poi invece degli amici del calcetto l’interlocutore fosse un giornalista, la situazione non cambierebbe di molto. E siccome mi capita di andare in giro abbastanza spesso, a volte ho provato a spiegare a qualche giornalista di buon cuore il perché dei miei viaggi. L'ho fatto con diversi livelli di approfondimento...

Livello 1: ho parlato dell’importanza di recuperare terreno sull’innovazione tecnologica, di costruire dei rapporti di partnership con altre città europee per sviluppare idee innovative, della buona occasione che abbiamo con la presidenza del Forum Società della Conoscenza di Eurocities (che è la ragione principale dei miei viaggi all’estero in questo periodo), dei contatti in corso, e così via.

Livello 2: ho provato a entrare nel merito, spiegando che non è vero che tutti i progetti sono buoni o che tutti sono cattivi. Ci sono progetti costati fior di quattrini che sono semplicemente da buttare via. Altri che hanno dato risultati interessanti ma non risolutivi e su cui quindi occorre discutere se e come andare avanti. E poi ci sono progetti di successo vero, ed altri ancora decisivi per il futuro e per il ruolo della nostra città che è cruciale riuscire ad avviare.

Livello 3: mi sono spinto anche a raccontare i dettagli dei progetti che ritengo più incisivi ed importanti, illustrando le prospettive, le sfide che devono essere vinte, i processi da attivare. Ma siccome si parla di cose vere e profonde, inevitabilmente esse si dispiegano e si misurano in mesi o in anni.

Niente da fare, già il livello 1 tende ad annoiarli; sul livello 2 me li perdo, figuriamoci se ad un lettore può interessare distinguere il merito dei diversi progetti; se poi con sforzi disumani si arriva al livello 3, appena sentono parlare di mesi o anni gettano la spugna: impossibile da raccontare.

Così, devo accontentarmi del livello 0, che è questo:
- Assessore Paruolo, perché è andato nel posto X?
- Per portare a casa un finanziamento di Y (con minimo 5 zeri) euro [in relazione al progetto Z]
- Ah
La parte fra parentesi quadre è opzionale. Il finanziamento invece va specificato. Non occorre altro. Così normalmente si risolve il problema, ma non lo trovate un po’ limitativo?
Per completezza di informazione, aggiungo che funziona anche con gli amici del calcetto (anche se magari usano qualche variante più colorita di "Ah").

Così per stasera sono pronto:
- Assessore Paruolo, perché è andato a Roma?
- Per i progetti da presentare ai prossimi bandi di finanziamento dei Ministeri dell’Innovazione e degli Affari Regionali
- Ah

E' vero, per carità, ma - sia detto fra noi - la questione è un po’ più complessa. C’è molto lavoro da fare sui temi dell'informatica e dell'innovazione, a livello europeo, nazionale, regionale e locale. E sarebbe bene per il nostro Paese (e le nostre città) che qualcuno lo facesse. Magari anche rubando un po' di tempo a quelle splendide (e spesso semi-inutili) iniziative fatte al solo fine di fare scrivere i giornali.
Io ci provo, infatti oggi ero là. Ma c’è qualcuno a cui interessa davvero saperlo?

venerdì 1 giugno 2007

Kit antidroga, buon senso e polemiche

Nelle settimane scorse il Comune di Milano ha annunciato una distribuzione a tappeto di un kit antidroga alle famiglie, in modo che i genitori possano scoprire se i propri figli fanno uso di sostanze stupefacenti. In Consiglio Comunale a Bologna, venti giorni fa, mi hanno chiesto se il Comune di Bologna intendesse seguire l'esempio di Milano.

L'11 maggio scorso ho risposto che il Comune di Bologna, insieme all'AUSL, ha "attivi spazi di supporto alle famiglie che manifestano la necessità di essere supportate nell'affrontare questa problematica sia dal punto di vista del genitore, sia a sostegno dell'adolescente. Lo spirito di lavoro passa attraverso la responsabilizzazione dei vari adulti di riferimento: genitori, insegnanti, altri educatori adulti, operatori socio-sanitari", e che "l'Amministrazione comunale non intende avviare la sperimentazione del kit antidroga per le famiglie nei termini previsti dall'annunciata iniziava del Comune di Milano" e che "con questo io non intendo affermare che escludo per il futuro qualsiasi possibilità di utilizzo del kit", ma che, qualora decidessimo di usarlo, "questo utilizzo avverrebbe nel quadro delle iniziative e dell'approccio metodologico che ho appena descritto". Scusate tutto il virgolettato, ma ho voluto usare le parole esatte che sono riportate al verbale stenografico del Consiglio Comunale. La cosa non destò particolare scalpore.

Ieri, raggiunto dal Corriere della Sera, ho ripetuto quei concetti, confermando che è in corso un approfondimento per capire se dotare di questi kit i servizi. Quindi è possibile che questi kit vengano forniti agli operatori, che poi potrebbero usarli, anche fornendoli alle famiglie, nel quadro del rapporto consultoriale che ho descritto. Spero sia chiaro: non come Milano, che vuole distribuirli a tappeto, ma nemmeno chiudendoci a priori una possibilità, da usare con la mediazione della capacità professionale degli operatori sociosanitari. Il Corriere di Bologna, stamattina, ci ha comunque fatto un titolone.

Ora però c'è un problema, e cioè che sul tema droga abbondano le posizioni radicali: da un lato quelle tutte legge ed ordine, che privilegiano l'approccio repressivo trascurando il bisogno di un cammino educativo e culturale; dall'altro quelle che si concentrano solo sulla riduzione del danno, e diffidano di ogni accenno non dico di repressione ma anche solo di controllo. Il mio pensiero, come riporta oggi correttamente l'articolo, è che su questi temi "bisogna evitare due rischi contrastanti: quello di criminalizzare la questione, invocando la repressione, e quello di sottovalutarla, affrontando con leggerezza il problema".

La mia proposta vuole essere solo una misura di buon senso, che vada incontro all'esigenza di affrontare con serietà il problema, coinvolgendo e responsabilizzando i giovani e le famiglie. Francamente, mi stupisce che desti tanto scalpore...